PSYCHO MATTEO CHE NEGA SE STESSO

renzi_matteo

Matteo Renzi sta conoscendo il momento più duro della sua pur spavalda conduzione degli italiani verso il sorriso. Per affrontare questa imprevista stagnazione della felicità, il premier sferra una controfensiva mediatica sdoppiandosi. Diviene l’uno e il suo opposto, trasformandosi così da premier in psycho-premier.

Sono le meraviglie cavernose della psiche, l’attitudine alla rimozione come difesa ultima dell’identità ad essere utilizzate nella battaglia finale contro i gufi. Alla Leopolda, per esempio, elimina ogni traccia di Pd, consentendosi di non esserne segretario per tre giorni. Si autosospende, anzi si autorimuove, e chiama a raccolta la propria corrente annunciando: “Chi parla di correnti resti a casa”. Lo psycho-premier trasforma tutti i renziani in altrettanti psycho-renziani che lavorano sui due campi della mente: l’esserci e il non esserci. Erano alla Leopolda, che è una corrente, ma contro la Leopolda, essendo contro le correnti. Erano del Pd, tutti tutti del Pd, ma anche un po’ contro il Pd. Cosicché quando Renzi estende alla Boschi l’ombrello interdittivo alla rivalsa gufesca, annulla d’imperio il contestato potenziale conflitto di interessi della ministra attraverso un processo di sostituzione figurativa. Tutti avevamo in mente il volto del papà di Maria Elena come causa dello scandalo. Lui, cioè Matteo, per spiazzarci, parla invece del proprio papà: “Lui mi dice che dovremmo passare al contrattacco”. Con la sostituzione dei papà avviene anche una sostituzione del conflitto di interessi – qui è il papà di Renzi non della Boschi a fomentare il contrattacco e dunque a far confliggere il figliolo con i propri doveri – ed è un modo per far sbandare l’opposizione e obbligarla al dubbio: chi sfiduciamo? Lei o lui? Lo psycho-premier avanza nella sua performance: “Il consiglio di amministrazione di cui fa parte il padre della Boschi è stato destituito dal nostro governo”, dice. Quindi il governo è stato severo contro gli autori delle malefatte bancarie. Ma la Boschi, questa volta confliggendo direttamente col premier, aveva appena assicurato: “Mio padre è una persona perbene”. E la domanda dunque è: il suo papà è sempre perbene o dopo le parole del premier è un tantino degradato verso il male? Formidabile però la risposta che il premier prepara per rintuzzare i veleni di Enrico Letta che paventa due pesi e due misure di Renzi. Quand’era all’opposizione chiedeva le dimissioni di un ministro ogni battibaleno. Adesso che guida il governo si rammarica se l’opposizione fa altrettanto. “Ci sono partiti che si sono fatti le banche”, esplode Matteo. A chi si riferisce? Tolto di mezzo Berlusconi, che aveva una banca (socio di Mediolanum) prima di fare il premier e prima di fondare Forza Italia, rimangono la Lega nord e i Ds, cioè i soci di maggioranza del Pd. Proprio il suo partito!

Diavolo di un Renzi, anche questa volta ha rimosso il segretario che è in lui e così Piero Fassino, che da ultimo segretario Ds disse “Abbiamo una banca!” e oggi è il sindaco di Torino, si è trasformato da renziano in psycho-renziano. È suo amico ma anche suo nemico. È con lui ma anche contro di lui. Si conoscono e non si conoscono. E Renzi, capolavoro!, è riuscito a perforare anche la memoria del ministro Giuliano Poletti, quello del Jobs Act, che viene dalle Coop, mondo nel quale Unipol, la protagonista di passate ma infruttuose acquisizioni bancarie, gravita stabilmente. Poletti? Poletti chi?

Da: Il Fatto Quotidiano, 17 dicembre 2015