“Appena l’avrò in mano risponderò. Posso però già adesso dire una cosa: è uno schifo. E a quanto vedo solo io sto parlando…”. Sono le 17 e nello studio del ministro della Giustizia a via Arenula è appena giunta la notizia che alla Camera sta per essere depositata una interrogazione parlamentare sottoscritta da Arturo Scotto, il capogruppo di Sel, che ritiene di inquadrare alcuni angoli oscuri dei territori conquistati o aggrediti da Vincenzo De Luca, prima populista, poi leghista del Sud, sindaco sceriffo e infine governatore. Uomo del fare, del dire e forse ancora di più, a leggere il contenuto del testo firmato da Scotto. “Sembrerebbe che il magistrato dell’appello nel processo per abuso d’ufficio nel quale De Luca, com’è noto, è stato condannato a un anno e ha subìto gli effetti della legge Severino sia il dottor Michelangelo Russo”. Questo giudice fu destinatario di un procedimento disciplinare che portò il Csm a trasferirlo dalla procura della Repubblica del tribunale di Salerno,“per aver tentato di accedere al computer del tribunale salernitano al fine di verificare se fossero in corso procedimenti giudiziari a carico di Vincenzo De Luca, quando pm era la dottoressa Gabriella Nuzzi (magistrato che emise un mandato di cattura contro De Luca che il Gip rigettò, ndr), e il procuratore capo Luigi Apicella”. Oggi Russo è ritornato a Salerno e lì presiede la sezione della Corte d’Appello. E lui, scrive ancora Scotto, “che qualche anno fa aveva cercato di adoperarsi a favore di De Luca”, oggi “sembrerebbe incaricato di giudicare la stessa persona per la quale si adoperò illegalmente”. Seguono le richieste di rito: il ministro Andrea Orlando venga in aula, riferisca e valuti.
Nel territorio della repubblica oramai autonoma deluchiana, finanche la magistratura pare infiacchita, esposta alle debolezze della vita. Un giudice è stato appena trasferito. Esiste un albergo di anime nere nel corpo di De Luca? Lui è un monopolista del potere che ha fatto fruttare al massimo il consenso con l’avvento del sistema maggioritario. Nessuno dimentichi che a Salerno il risultato delle primarie nella contesa tra Bersani e Renzi è stato invalidato e che in quella città, quando gli iscritti sono stati chiamati a scegliere il candidato governatore, De Luca ha ottenuto il 97 per cento dei consensi. Neanche in Gambia. Eppure nessuno ha fiatato. Si è costituito così un mondo di sopra, una repubblica per suo conto e persino una sede distaccata deluchiana in Parlamento. Con eletti stretti nella cintura del capo e che hanno subito prove incontestabili della sua santità. Il caso di Sabrina Capozzolo è un esempio strabiliante da segnalare. Giovanissima, vigile urbano a contratto della città di Agropoli, si è vista spedire nella segreteria del Pd renziano e assegnare le Politiche agricole, appena dopo la elezione a deputata avvenuta in nome e per conto del sindaco di Agropoli Franco Alfieri, naturalmente fervente deluchiano, impresentabile per grane giudiziarie. Deputata lei e anche Simone Valiante, Antonio Cuomo (chiamato a sostituire Fulvio Bonavitacola, trasferito in Regione come vicepresidente), Tino Iannuzzi. Da Sel è giunto il rinforzo di Michele Ragosta, prima di tutto salernitano.
Sono questi tutti i numeri romani di De Luca? Suvvia! La sua elezione a governatore ha aumentato il peso e la cinta dei simpatizzanti, e a quelli di Salerno si aggiungono nuclei deluchiani di Caserta, Avellino, Napoli soprattutto. La senatrice salernitana Angelica Saggese, nemmeno per la verità iscritta al club dei fedelissimi, trova oggi a Palazzo Madama passioni taciute, disponibilità prima negate e assistenza tecnica. Renzi stia calmo che il Senato è a rischio e De Luca è la Campania, uno Stato di circa sei milioni di abitanti. Varrebbe da solo, in termini di seggi, quasi quanto il partito di Angelino Alfano. Un Ncd un filo più rosé, con un variegato bouquet di rappresentanze: socialiste, anche di Forza Italia, persino confindustriali. Il mondo di sopra di De Luca rende colorato il magma che lo sostiene, quel sottofondo (o sottosuolo) delle occasioni e delle ambizioni da centrare a tutti i costi. Se De Luca è un pericolo, tutti erano avvertiti. Dal primo momento, quando era in discussione la poltrona di presidente della Regione e lui, a norma di legge, non avrebbe potuto concorrere, comunicò sia a Lotti che a Guerini, i due che Renzi mandò a trattare: “Io mi candido e basta”.
Da: Il Fatto Quotidiano, 13 novembre 2015
E’ la stessa banda che affosso’ la giunta Giordano per via complottista.Anche allora i nomi dei giustizieri e di qualche “giustiziato” erano i stessi.Uno schifo stratosferico.
Egregio Direttore,
quanto afferma Arturo Scotto di Sel credo che corrisponda a verità!
A suo tempo seguii un po’ questa vicenda e il comportamento di Michelangelo Russo non mi piacque affatto .
Dato questi precedenti credo che non si possa fare alcun affidamento sull’imparzialità di questo magistrato nel prossimo processo contro Vincenzo De Luca!
Un Ministro della Giustizia veramente serio non può non tener conto di tutto questo.
Lasciare la gestione del su citato processo nelle mani di questo Magistrato vuol dire ancora una volta voler prendere per i fondelli l’opinione pubblica.
Ma la giustizia è davvero uguale per tutti?
Più passa il tempo e più mi accorgo di no.
E forse non lo è mai stato e non lo sarà mai!
E giusto che siano sempre i più deboli della società a prenderlo a quel servizio?
Cordiali saluti, Onofrio Infantile
Sabato, 5 dicembre 2015