Da Feuerbach agli scontrini del ristorante di Ignazio Marino. Il filo che ci condurrà dal filosofo tedesco alla tavola su cui l’ex sindaco di Roma ha immolato la poltrona è il cibo, vanto collettivo e ossessione del nostro tempo. L’antropologo Marino Niola tiene al Suor Orsola Benincasa di Napoli anche un corso su Miti e riti della gastronomia contemporanea, ed è un grande studioso della civiltà del mangiare.
Dimmi ciò che mangi e ti dirò chi sei.
Non aveva torto Feuerbach. Il cibo è identità di un popolo, compone e ricompone l’u m anità, restituisce all’uomo il corso del suo divenire. Il cibo scandisce le epoche, segna i processi di avanzamento della nostra civiltà.
Il pollo e l’emancipazione delle donne.
Fino alla Seconda guerra mondiale il cibo era diviso sulla nostra tavola in misura diseguale. Al marito toccava la porzione di pollo più gustosa e pregiata, il petto o le cosce. I nostri nonni ricorderanno. Alla donna era riservata l’ala, il piede: il principio della sudditanza, della marginalità, della esclusione. E infatti solo in gravidanza le era permesso di mangiare cibi altrimenti preclusi, e bere bevande a lei proibite. La birra, ad esempio, perchè fosse più abbondante il latte materno. Era un premio non a lei ma alla sua condizione di generatrice.
Il cibo come gerarchia sociale e anche come elemento di polemica, idioma della separatezza.
La polenta ha diviso l’Italia. Polentoni contro terroni. E le patate hanno segnato il destino dei tedeschi: mangiapatate (e i loro appellavano i francesi chiamandoli mangiarane).
Oggi però subiamo il fascino del cibo fino a divenire vittime di una ossessione. Continue reading