Ci sono guerre che mietono morti senza bisogno di fucili, necessità costruite sulla suggestione, soldi infiltrati nelle anime come bustine di eroina in vena. Tra i molti dopoguerra conosciuti quello che segue un grande terremoto è il meno indagato.
Siamo andati a bussare alla porta di Pierluigi Cappello per saperne di più. Lui costruisce, modella, seziona, riduce, allunga. È tra i più ingegnosi poeti italiani. È il pluripremiato artigiano della parola – tronca oppure distesa come lucertola al sole, scivolosa o anche cruda, gentile e persino generosa – e vive a Cassacco, lungo la strada che conduce il Friuli in Austria. Cappello è nato a Gemona (Udine) e ha conosciuto gli effetti del terribile terremoto del 1976.
Il terremoto è una grande guerra.
Da noi la lavatrice giunse nel 1975. Era una società contadina, arretrata, dove persino l’orografia dei volti, le dentature marce, mancanti, dischiuse, raccontavano una vita che si tramandava oralmente attraverso i dialetti. Quella scossa, quel botto non è stato solo un grande problema per le murature delle case, per il cemento armato che cedeva…Continue reading