Siamo in albergo ai piedi dei templi di Agrigento. I turisti vengono deportati qui, lungo i fianchi di questa carreggiata di lamiere in transito, un nodo stradale più che il luogo dove dal mondo si arriva per ammirare quel che altrove nemmeno è possibile immaginare.
È come se Agrigento avesse richiamato – per contrappasso – tutti i siciliani malintenzionati, li avesse convocati ai bordi dell’area archeologica. Come se si fosse voluta compensare la magnificenza di questo presidio della memoria e dell’arte, la sua imponenza, l’affaccio maestoso sul Mediterraneo, con l’asfaltatura di ogni centimetro di terra circostante. La costruzione di passi e sovrappassi, l’allineamento dei cubi cementizi come contrafforte alla creatività, alla cultura di chi quest’isola l’ha abitata nei secoli scorsi è il segno feroce dei giorni tristi e bui che viviamo.Continue reading