I padri sono evaporati, sono spariti, inghiottiti nel nulla. Questa è la Calabria e questa è la disperazione di un giovane Telemaco che inquadra, nel buio della sua cecità, un orizzonte invisibile.
Siamo sulla spiaggia di Lamezia Terme, ai bordi dell’aeroporto, il luogo da cui si fugge. Si mette in scena “Patres”, metafora della furia giovanile, della sua disperazione.
La Calabria è la terra del tiro a segno dei cattivi, la sede espositiva dell’ignoranza o anche il luogo eletto delle vittime dello Stato nemico.
Angelo Maggio, fotografo, e Francesco Lesce, ricercatore di filosofia, stanno catalogando tutte le vittime. Non ritraggono corpi ma scheletri di cemento. “Noi fotografiamo le piccole, minute escrescenze urbanistiche, raccontiamo di quale orrida fascinazione siano stati fatti oggetto i nostri concittadini”. Con Angelo e Francesco ci dirigiamo a Badolato, sul mare che guarda all’Egeo. All’ingresso del paese uno scheletro in cemento armato, alla base il cartellone: Pizzeria-Ristorante, prossima apertura. “Sono circa dieci anni che è così. Il proprietario voleva una vita nuova, migliore. E annunciò il sogno. La pizzeria era il suo sogno. Non ce l’ha fatta”.
La costa jonica è un buco nero di manomissioni, blocchi di mattoni, vite abusive e sogni infranti. Lo Stato ha l’aspetto, anch’esso abusivo, della sede decentrata della Provincia a Caulonia.
LE BANDIERE dell’Italia e dell’Europa sono rabberciate, slabbrate ai lati, bucate al centro. Lo Stato qui è fallito, nel senso che ha fatto default, e il centro che doveva essere dell’impiego pubblico è un pensionato privato di impiegati immobili e inattivi. “Qui ne siamo in venti”, dice uno dei corpi immobili, consapevole dell’esagerazione che quel numero conduce a prova definitiva che le clientele non selezionano cittadini ma sudditi. In venti a non far nulla, a svolgere una funzione impossibile: dare lavoro.
Prima di prendere il traghetto per Messina decido di deviare verso Maierato. È il paese che franò di botto qual che anno fa, una frana così improvvisa e imponente, registrata nei video che poi Youtube ha reso virali, da apparire l’inferno possibile per tutti noi. Le urla disperate, soprattutto quel “Oh madonna santa”, mentre il paese scendeva giù. La frana è immensa, adesso l’erba l’ha coperta. Mi avvicino a un anziano che presidia l’abitazione indenne più vicina alla sciagura. Ha 85 anni, cinquanta dei quali vissuti a Caracas: “Portavo mattoni, fabbricavo… Ho fabbricato il Venezuela io! Mi chiedi della frana? Era tutto un fuggi fuggi. Ma io non mi sono mosso. Mi sono goduto lo spettacolo come se fosse una partita di pallone”.
Villa San Giovanni ha Messina di fronte. La Sicilia è stata araba ma anche normanna. E tanti hanno i capelli biondi, hanno scelto di scendere dal nord dell’Europa e fare i siciliani. Iain Haliday insegna letteratura inglese all’università etnea. “Sono trent’anni che vivo qui. Quando decisi di trasferirmi ricordo che gli amici riflettevano su quella mia scelta, la giudicavano bizzarra. Molti in Gran Bretagna ancora oggi vedono la Sicilia come una terra violenta, abitata da gente che va in giro con il mitra sotto il cappotto. Terra dove si muore per un nonnulla. Non è proprio così… Sto bene, le mie figlie sono nate e cresciute a Catania, e la nostra vita ha preso il ritmo lento siciliano. L’unica cosa a cui non riesco ancora ad abituarmi sono i posteggiatori abusivi. L’idea di dover dare dei soldi per fermare l’auto è incresciosa…”.
PER GIUNGERE a Siracusa da Catania s’impiega un’ora. Il tempo che Ulrik Vintersborg, scultore danese nato sul fiordo di Naestved, ha impiegato per eleggere domicilio. Sposato con Amanda Maselli, di Carpi, subivano le nuvole e le ombre persistenti del cielo di Copenaghen che conduceva a uno stato di perenne anche se lieve depressione. Cercavano la felicità, anzi prima ancora cercavano la luce che manca in Danimarca. “Ci siamo messi su Google earth e abbiamo deciso in pochissimo tempo: Ortigia era il luogo ideale”. Ortigia è l’isola meravigliosa che conduce Siracusa alla nobiltà. È il tempio del buon vivere, è una porta spalancata su un mare fantastico. Per Ulrik le imponenze normanne facevano pendant con la granita di gelsi, la caponata, le sarde. Amanda ha conosciuto a Venezia suo marito, e volevano per la loro nuova vita lontana dalla Danimarca un luogo simile a Venezia. “Perciò noi siamo qua, stiamo cercando casa, abbiamo visto qualcosa – dice Amanda – ma ancora non siamo convinti”. Devono fittare l’appartamento a Copenaghen, “sai, io faccio lo scultore che non ha una vita regolare e compensi regolari. Meglio una rete di protezione”. Hanno il necessario per comprare casa qui: “A settembre saremo siciliani!”. Ortigia incanta anche chi è nato a Bergen, in Norvegia, come Erland Oye e sua mamma Titti, subisce il fenomeno fisico dell’attrazione. Chi è Erland? Con Erick, suo concittadino, è divenuto il fenomeno europeo dell’indie rock. Il loro gruppo, Kings of Convenience, ha migliaia di fan e le loro canzoni milioni di clic. Le loro note le hanno vendute anche alla pubblicità, e il brano più conosciuto, Misread, ha totalizzato su Youtube 7 milioni e mezzo di visualizzazioni.
LA CASA di Erland è una antica e nobile villa lungo il mare, alla periferia di Siracusa. “Volevo vivere in un posto non finto, non cercavo un museo ma un luogo dove il bello e il brutto potessero coesistere. Qui mi incanta la luce, anche la gente”, dice. “I miei concerti sono prevalentemente nel nord Europa, Germania, Olanda, Londra. Canto al freddo, vivo al caldo”.
Il bello e il brutto aveva detto? Eccolo accontentato. Sua mamma Titti: “Non capisco perchè per ristrutturare la casetta qui dietro e riprendere le forme e i materiali originari abbiamo dovuto rispondere a una serie di quesiti, produrre carte, accogliere visite di funzionari della Sovrintendenza che misuravano anche i centimetri. E mentre noi eravamo impegnati a rispondere a tutte quelle meticolose domande, abbiamo visto sorgere davanti a noi una fila lunga di villette a schiera. Io ho chiesto anche: come mai con noi siete così puntigliosi e poi permettete che costruiscano dei palazzoni brutti proprio davanti alla nostra casa? Mi hanno risposto che lì era tutto a posto, avevano le licenze regolari per costruire. Io in verità penso di no”. Quanto misura la distanza della Norvegia dalla Sicilia? La signora Titti ora lo sa.
Da Il Fatto Quotidiano, 12 luglio 2015