Michele Santoro: “Sì, mi tremano le gambe Ma cambio per non fermarmi”

Certo che ho paura. Ho paura di non vedere più accendersi la lucetta rossa della telecamera, quella luce che mi ha accompagnato per trent’anni. Ho paura di non ritrovare più la comunità che si è formata attorno ai miei programmi. La paura è un sentimento umano di cui dobbiamo tener conto. Sono stanco di una televisione che è diventata routine, ho bisogno di ritrovare il mio tempo, e anche – se posso dire – di sbagliare. Le cose belle vengono se non ti lasci schiacciare dal timore di fare delle cose brutte. Anzi, mi spingo a dirti: devi osare il brutto per sperimentare il bello”.

Michele Santoro ha deciso di tornare in piazza, a Firenze, il prossimo 18 giugno per dare inizio, se così si può dire, a una fine.

A Firenze si chiude un ciclo. Non finisce Servizio Pubblico, ma finisce questo format che aveva avuto inizio in un’altra piazza, era stato voluto nella più grande e finora sconosciuta forma di condivisione collettiva, di intelligenza comune. Una, dieci, cento telecupole, una costruzione basica, una forma comunitaria di persone che hanno prodotto un miracolo. In centomila mi hanno dato fiducia e mi hanno messo in mano ciascuno dieci euro. Una roba pazzesca che la storia della televisione ancora assume come un assoluto inedito. E quella spinta popolare mi ha riportato in televisione, la mia casa da cui ero stato buttato fuori con l’editto bulgaro. Un editto che non è mai stato rimosso, nemmeno dopo i successi di Annozero. Torno in piazza per chiudere una porta e aprirne un’altra.Continue reading

Il Grand Tour. Veleno bianco latte, tombaroli d’annata e comunisti da museo

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Appena usciti da Livorno, città regina del caciucco e del comunismo italiano costretta dalla noia e dagli acciacchi dell’età (clientelismo, piccoli e grandi affari in cooperativa) alle cure dei grillini, una curva apre la salita verso il monastero delle suore di clausura di Santa Teresa. Il contrasto tra l’ex rosso antico e il bianco candido condurrebbe fuori strada. I livornesi atei hanno sempre considerato il presidio della fede come un segno e un bisogno. Chi farebbe a meno delle preghiere? I rapporti sono sempre stati di buon vicinato e gli affari della terra non sono mai stati mischiati all’aldilà. Il convento è su un promontorio nei pressi di Antignano, superate le ville liberty che guardano al mar Tirreno. Il sole, il mare, la villeggiatura familiare, benpensante e benestante hanno una sede elettiva: Castiglioncello. È l’idea magari falsa che offre la sua urbanistica, il rettangolo di casette ordinato e curato, apparente ritiro per dirigenti d’azienda, presidi in pensione, notai annoiati di provincia.Continue reading

Dal grigio dalemiano al fantasy. La svolta del parafulmini Orfini

Impressiona la svolta fantasy di Matteo Orfini, notoriamente legato allo stile prudente e autunnale, tardo-oviesse, del dalemismo. Ha scelto di simulare con le parole lo schema del quantative easing che Draghi realizza con l’euro, ricorrendo massicciamente al vocabolario per infittire di scenari fantastici la nuova traiettoria del suo pensiero. Gli esiti sono ancora incerti ma promettono bene. Iniziamo dall’ultima clamorosa presa di posizione. Orfini vuole indagare i servizi segreti perché gli hanno taciuto di Carminati ‘er cecato, il leader del cosiddetto mondo di mezzo, il boss del magna magna. “I servizi spieghino”, ha detto aprendo il varco al sospetto che col silenzio si sia voluta infliggere ai romani una nuova ingiustiza. Quelli che potevano, sborsando all’incirca venti euro, sono riusciti a comprare Romanzo criminale e si sono fatti per tempo un’opinione sul boss e la sua cerchia. Le fasce più povere, che non solo sono escluse dai circoli letterari ma anche dal mondo Sky, non hanno avuto neanche la possibilità di gustarsi la fiction televisiva. Hanno dovuto attendere la replica su Italia Uno. Continue reading

Da Alfano a Gabrielli, i conflitti d’interessi

È curioso che il prefetto di Roma Franco Gabrielli faccia intendere di aver bisogno di tutto il mese di luglio per leggere le carte che conosce da mesi e valutare se proporre al ministro dell’Interno lo scioglimento o meno del Consiglio comunale di Roma. Curioso e fonte presumiamo di un qualche imbarazzo il fatto che nell’inchiesta compaia un riferimento a lui in una conversazione di Luca Odevaine, l’uomo nero dello scandalo. “Me dice: senti Luca prenditi n’attimo ste carte”. Le carte riguardano il centro di soggiorno dei migranti di Mineo. “Te la senti de fa sta gara?”. Odevaine se la sente, certo che sì. Curioso anche che il ministro dell’Interno si trovi nella situazione di decidere se è vero che il Viminale, proprio il palazzo che abita, sia stato sistematicamente “condizionato”, sia stato cioè soggetto a pressioni indebite per deviare in un luogo piuttosto che in un altro il flusso degli immigrati e la massa dei soldi pubblici che li segue. E curioso che Angelino Alfano debba essere costretto a valutare anche il comportamento di Giuseppe Castiglione, suo referente siciliano, nell’appalto succulento per le cucine del campo di Mineo.Continue reading

Vicienz, festa per il Chávez di Salerno

Nella città del ‘nessuno mi può giudicare, nemmeno tu’, l’impresentabile si è presentato, l’ineleggibile è stato eletto. E ora è lì sul palco: “Non pensate che la ricreazione sia finita. Ho visto or ora un motorino posteggiato ai piedi di un semaforo. Una pazzia, una vergogna. E ricordate di consegnare nei luoghi indicati i sacchetti per la differenziata. Le telecamere di sorveglianza sono lì che vi riprendono”.

Nel centro di gravità permanente del deluchismo, la piazza antistante il municipio di Salerno, il popolo si consegna al suo Chávez per il rito del ringraziamento. Vincenzo De Luca è dichiaratamente sopra la legge, oltre la legge. Signora in estasi: “Gesù e Maria. Ma lei si rende conto che questo è un grande uomo?”. Si chiama Silvana Buzzo: “ha visto quello che ha fatto?”. De Luca dal palco: “Io non vendo parole, ma fatti”.

Ha fatto molto, forse troppo, e forse con soldi che non aveva se la Corte dei conti ha descritto la situazione contabile del comune di Salerno, il favoloso mondo della città che cambia, al limite del dissesto, con un monte di debiti fuori controllo. La signora Silvana: “Lui dice di no, che non abbiamo debiti”. De Luca dal palco: “L’unica possibilità che c’era perché la delinquenza fosse buttata fuori dalla Regione era che venissi eletto”. Sotto il palco applaude Ernesto Sica, il promotore di un dossieraggio contro Caldoro alle scorse elezioni, protagonista dello scandalo P3. La realtà oltre l’immaginabile. Salerno gongola e se ne fotte di quel che succede oltre confine.. “Vicienz è patr a me”, Continue reading