L’INIZIATIVA. Un’associazione locale ha prodotto una serie di immagini con le oscenità del paese: case abbandonate, prostituzione, lavoro nero. Il tutto vissuto con allegria, disincanto e provocazione.
La carcassa di un cane, bombole del gas adagiate sul dorso e immerse per metà tra la sabbia. Gomme d’auto, sportelli d’auto, una marmitta, tre tubi di scappamento, forse quello invece è un pistone. Un mucchio di scheletri di ombrelli, un ombrellone da mare rotto, un gabbiano vivo, un cancello arrugginito, fogli di giornale, kleenex usati per le necessità del corpo. Cartoline dall’inferno. Siamo alla confluenza del male, ai confini della civiltà, della legge, della decenza. Sulla spiaggia che si trova a metà tra la Pontina e il Vesuvio. È il destino che ha avuto Castel Volturno, trent’anni fa luogo di villeggiatura della media borghesia napoletana e oggi set di Gomorra, in senso proprio e figurato. Castel Volturno ha dodici chilometri di pineta che si affacciano sul Tirreno, il più ricco polmone verde della Campania del nord, quindicimila immigrati d’Africa non censiti, il 70 per cento dei tributi evasi. Il mare è sporco, il comune è in dissesto, la magistratura si è arresa, la malavita ha issato il pennone. Si spaccia droga e carne umana in questo punto geografico dove lo Stato ha perso l’onore, la legge il rispetto, la dignità una prova di esistenza.Continue reading