DA LADISPOLI A SABAUDIA VIAGGIO OLTRE LA CAPITALE. TRA PALAZZI RUMENI E CAMPI CUSTODITI DAI SIKH
Ladispoli era a metà tra il mare e il niente. Senza una piazza vera, senza un municipio vero, un campanile vero. Era un camminamento tra la spiaggia nera e l’autostrada, un territorio attraversato da due fiumi, il Sanguinara e il Vaccina. Roberto Rossellini che qui ha vissuto l’ha amata tanto proprio in virtù della sua inconsistenza. Un perfetto “non luogo”, direbbe l’antropologo francese Marc Augè.
Ladispoli, che nel 1949 era ancora frazione di Civitavecchia, nel 1983 contava solo ottomila abitanti. Con gli anni si è gonfiata come la pancia di una rana. Prima diecimila, poi quindicimila, poi venticinquemila. Poi trenta e infine quarantamila. Il numero provvisorio di oggi. “Muratori, piastrellisti, insegnanti, donne incinte senza più compagni, vedove con l’incubo dell’affitto di Roma, anziani con la pensione sociale. Poi i disoccupati, o i precari. E infine gli immigrati: prima gli ebrei russi, i polacchi, poi i serbi, i kosovari, gli africani del Senegal e dell’Eritrea. Infine la sede eletta dei rumeni d’Italia. La mia città è troppo vicina a Roma per non essere una fantastica piattaforma della provvisorietà. Chi non trova posto in città viene qua. Nel calcio ci sono le squadre di serie A e serie B. Noi siamo la serie B della città, una succursale, l’appendice romana traslocata sul mare”.Continue reading