Il Grand Tour.Nel cimitero dei pini, tra russi cafoni e nonni in amore

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IN VIAGGIO NELLA TOSCANA DELLE VACANZE DOVE I TURISTI MOSTRANO I PROPRI SOLDI E VOGLIONO SENTIRSI PADRONI
I russi, veri cafoni del benessere, sono giunti qualche estate fa. Molto prima della tempesta di vento, un uragano pazzesco che a marzo scorso ha fatto salire al cielo, come matite impazzite, i pini marittimi oramai spiumati del Forte. Venendo da nord, con il ricordo dei torrenti esondati lungo i fianchi delle Apuane, e prima ancora i disastri liguri, l’impressione è che il meteo si sia accanito con uguale impegno. Ha sbrindellato le case dei poveri, ma ha fatto fuori anche la cinta di verde dentro cui si rinchiudeva l’alta società italiana. Forte dei Marmi è oggi un cimitero di pini, e le motoseghe sono state chiamate a una impressionante tumulazione ambientale che sta durando settimane. Cataste di tronchi vengono allineati nello slargo adiacente a quella che fu la pineta più rigogliosa e ben tenuta d’Italia. Vigilantes ancora dirigono il traffico di camioncini che trasferiscono in falegnameria le tonnellate di legno oramai affettato. Del resto, Forte dei Marmi ha con i pini lo stesso rapporto che Linus ha con la sua coperta. I pini rendevano infrangibile e chiusa allo sguardo la borghesia vacanziera, potente, affluente e riservata, nascosta dietro le paratie perimetrali di verde naturale, dentro ville dai lineamenti puliti, dall’architettura mai eccessiva, realizzate sull’orlo del centro storico dove in estate scintillano i negozi del lusso in trasferta da Milano, Firenze o Roma.
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