NELLE PERIFERIE DI ROMA SI SCOPRE A CHE PUNTO È DAVVERO IL NOSTRO PAESE: PURE IL SUPERMARKET DELLA CRISI È IN CRISI
Tutto finì in alette di pollo. Due euro e trentanove centesimi al chilo. Il futuro vi aspetta qui, al bancone di carni Lidl, sulla via Casilina altezza Centocelle. Dopo Carrefour ma prima di Trony e di Coop, sulla destra scendendo, quasi di fronte a Eurocasa, Mondialcucine e Unieuro. È bello quasi come gli altri e colorato anche. È un supermercato vero, non più cartoni in terra ma freezer e cestelli, tanta cioccolata, carotine, lattuga, banco dei vini con un rispettabile Muller Thurgau a 2,49 euro, e vodka, brandy, limoncello (da cinque euro).
La povertà ci ha vinti e conquistati e Lidl ha il merito di averla almeno resa più confortevole, presentabile, dignitosa. E liberata da qualunque ossessione. Rita, alla cassa, gentile: “Mettiamo da parte le caramelle o lo yogurt?”. La signora con figlia adolescente ha fatto spesa e deve decidere cosa espellere dalla busta: il conto fa 13 euro e 90, senza yogurt viene dodici, senza caramelle tredici tondi. “Lo yogurt”, dice. Amore di mamma.
AL DISCOUNT si fa la spesa con i soldi compattati in striscioline minuscole e gli spiccioli che escono dalla tasca contati già. Maria ha settant’anni e non vede bene. Apre il borsellino. “Ho questi, tiè”. La cassiera con gesto amorevole: “Cinquanta centesimi in più del necessario, tietteli questi, li sto rimettendo nel borzellino”. Ali di pollo, latte e due panini (con farina di grano rimacinato).
Il discount racconta l’Italia meglio di chiunque altro. All’entrata Parvos distribuisce i carrelli. Viene dal Bangladesh: “Fino a poco tempo fa pulivo i piazzali, ero assunto con una vera busta paga. Poi la crisi e a febbraio mi hanno licenziato. Sono stato con loro sei anni ma poi la gente è calata, le casse sono chiuse, guada lì su quattro una è aperta, e hanno scelto la riduzione. Ora porto i carrelli e chiedo una mancia. In una giornata faccio dieci euro, non di più. Arrotondo con la chiamata del ristorante, quando serve vado a fare il cameriere. Dalle cinque della sera alle due di notte mi danno quaranta euro. Avevo comprato casa, avevo fatto il mutuo. Ho preso 120mila euro per 25 anni. Sono regolare io. Eravamo contenti in famiglia, poi è successo disgrazia. Tutto è andato via veloce. Allora ho detto: come faccio? Vendo casa ho detto. Sono andato all’agenzia dove l’ho comprata ma mi hanno spiegato che avrei perso almeno 30mila euro. Allora ho trovato questa soluzione: mia moglie e mia figlia sono tornate al mio Paese, io ho affittato l’altra stanza (ho due stanze e cucina e un balcone) a connazionali. Duecento euro danno loro, cinquecento euro guadagno io. Con cinquecento euro pago mutuo, con duecento mangiare, pagare luce. Però voglio andar via dall’Italia, mi son detto come faccio? L’unico è lavorare ancora così per sei sette anni. Mia moglie lo sa: tra sette anni vendo casa, chiudo mutuo e torno da lei”.
Di veramente straordinario, quasi inspiegabile, è che anche il discount soffre la crisi. Parvos guarda desolato il piazzale. Questo giovedì si contano cinque auto in un parcheggio costruito per trecento. La crisi è così potente che neanche il luogo della rivincita della povertà si sottrae al destino. Come se la discesa verso gli inferi non fosse ancora finita. Sono terminati i gradini della scala, siamo giunti alle alette di pollo a due euro e trentanove centesimi. Ma niente.
“Da noi le vendite sono diminuite del 30% e con i lavori della Metro C anche di più. Siamo preoccupati perchè se si va avanti così non ce la facciamo”. Angela, la cassiera dello Sma di Porta Metronia, supermercato di livello medio alto, pensava che il suo posto di lavoro se lo fosse fregato Parvos. Che il suo pane (da un euro e ottanta a tre euro e venti) se lo fosse mangiato Rita del discount (pane da novanta centesimi a un euro e quaranta). Che il latte (allo Sma un euro e 60 centesimi al litro) se lo fosse bevuto Laura di Lidl (Latteria italiana, fresco e pastorizzato, neanche un euro). Che i biscotti del Mulino Bianco (due euro e 60 centesimi per 400 grammi) non potessero competere con quegli altri (sempre Mulino Bianco, sempre due euro e 60 centesimi, ma confezione da 800 grammi). Invece anche le colleghe di Angela stanno cedendo, e Parvos del Bangladesh ha perso il lavoro pur vendendo per conto del padrone “verdure e carne veramente buona, ti dico buona a poco prezzo”.
SEMBRAVA un cammino disperato tra il commercio in default di Tor Lupara e Bella Monaca, l’Axa e l’Ardeatina, le distinte e graduate periferie romane. Invece al Tuodì del Pigneto mi accoglie il sorriso di Cesar Carreia, trentacinquenne angolano, responsabile del punto vendita. “Noi andiamo forte, la gente entra con più convinzione, e mettiamo la roba in modo che si senta a casa sua, come in un vero supermercato. C’è chi viene prima da me e mi chiede cosa si può comprare che non faccia tanto male. Io rassicuro tutti. Prima forse qualcosina era un po’ così, ma oggi per esempio la carne, guarda che carne…”. Un chilo di macinato misto costa 5,99. Le cotolette vanno a 2,99 euro, la salsiccia a 2,39, la mortadella 2,75. Anche qui le alette di pollo sbancano. “Si vende il pollame, dico la verità”. E poi la birra, la vodka, anche il rum. Gli stranieri dell’Est hanno una confidenza speciale con gli alcolici. Gli italiani prediligono gli alimentari, meno i detersivi. “La pasta, questa settimana abbiamo un’offerta speciale. Mettiamo dei cartelli bene in vista, abbattiamo i prezzi anche del 26-30 per cento”. Siamo all’offerta dell’offerta, al discount del discount. È uno sconto al quadrato che annienta i ricavi ma almeno riempie il market. È l’approdo fisso degli albergatori della zona. “Chi ha un hotel viene qua: cornetti, latte, fette biscottate. Acquistano qui la colazione del mattino per i clienti. Anche i ristoratori fanno spesa da noi”. E le pizzerie, i forni. “Guarda quello, lui è il garzone del fornaio. Ogni venerdì compra la farina”. Yeres, indiano, ha cento pacchi di farina nel carrello. La ragazza del pub riempie il suo di rucola, crema di tonno e di carciofini: “Sennò come campiamo? Al mercato è impossibile acquistare”. Cesar riconosce tutte le facce nuove. Ogni settimana nuovi arrivi, soprattutto italiani. “Li vedo che sono un po’ spaesati. Noi li accogliamo e li rassicuriamo. Vergogna non ne noto, ma un po’ di pudore sì, anche una punta di imbarazzo. Ma rotto il ghiaccio, come si dice in Italia?”. Rotto il ghiaccio si acquista e si ritrovano vecchi amici perduti: la pasta De Cecco, l’acqua minerale Ferrarelle, i wafer dell’Alto Adige Loacker, la Levissima (purissima), il Dixan e la birra Becks. Le migliori marche, vero?
da: Il Fatto Quotidiano 22 ottobre 2014