ALLE PRIMARIE PD PER LE REGIONALI SI PRESENTANO IN MENO DI 60 MILA. NEANCHE 200 ALLA STORICA BOLOGNINA
La frase è scivolata e infine scomparsa nelle ultime file della relazione di Matteo Renzi alla direzione del Pd: “Guardate che gli elettori fanno zapping velocemente”. Infatti in Emilia Romagna si è appena svolta la più grande prova generale di zapping elettorale. La regione più rossa, più organizzata, più disciplinata, più tesserata d’Italia ha dato improvviso forfait. Alle urne per selezionare il candidato alla presidenza della Regione (ballottaggio vinto dal renziano Stefano Bonaccini col 61 per cento contro lo sfidante Roberto Balzani fermo al 39) si sono diretti in 58 mila, meno degli iscritti, fermi anch’essi alla modesta quota (rispetto al passato) di 75 mila.
Il partito s’è squagliato come un gelato (il gelato di Renzi?) al sole d’agosto, e fa un certo effetto vedere la società civile dileguarsi d’un botto, e costringe al dubbio sapere azzerata in un modo così potente la passione, la partecipazione, la certezza che alla ditta – chiunque sia il leader – non si tradisce. Per cambiare verso, o dichiararsi affezionati alla tradizione impersonata da Pier Luigi Bersani, solo pochi mesi fa si accalcarono in 350 mila tra emiliani e romagnoli. Un popolo estinto? Se è vero che la partecipazione si misura dalla qualità della contesa, dall’importanza della posta in palio, e non si può dire che quella di domenica fosse la partita della vita, è ugualmente impressionante come il calore, l’ardore, la corsa verso il nuovo sia svanita così. “Guardate che fanno zapping”, ha detto ieri sera Renzi. Lo diceva a loro, ai compagni gufi che animavano il dibattito sull’articolo 18, ma forse lo ricordava, dissimulando da par suo, pure a se stesso, ai suoi amici stretti, al cerchio magico fiorentino, ai consiglieri di Palazzo Chigi e alle migliaia di supporter sparsi in ogni luogo d’Italia. E questa prova emiliana sfigura davanti a ogni test passato, perde perfino nella rabberciata conta, effettuata tra il Capodanno e la Befana di due anni fa, per legittimare in extremis i candidati al Parlamento e affrancarli dalla vergogna di essere nominati dal capo, grazie alla legge elettorale chiamata appunto Porcellum. Anche allora si mobilitarono capi e sottopancia, perfino nelle vacanze di Natale il passaparola fece uscire di casa in direzione delle sezioni (oggi si chiamano circoli) 155 mila militanti.
IERI L’ALTRO neanche la Bolognina, il centro del centro della sinistra italiana, il luogo dove il Pci trapassò e diede vita al Pds (poi Ds e infine Pd) gli iscritti (iscritti non simpatizzanti) hanno disertato: su 280 che già non è una cifra impressionante solo 169 hanno scelto di rispondere alla chiamata al voto. E persino a villa Torchi, la sede del Pd posta ai margini della grande spianata della periferia nord, dove si tiene la festa nazionale dell’Unità, gli ingressi al circolo, al primo pomeriggio, erano il 2,9 per cento degli stimati. Ieri non c’era voglia, non c’era tempo, non c’era testa per parlare di questo grande deserto emiliano. O forse non c’è interesse per capire cosa stia accadendo a questo partito, a quanto fragile sia divenuta la sua struttura, e quanto veloce sia la sua trasformazione nel ritratto fedele di un leader che si espande o recede a seconda dei tempi.
UN DETTAGLIO, significati vo e per alcuni versi allarmante, si è visto proprio a Bologna, e proprio nella recente festa dell’Unità. Il badge d’ingresso, il cartoncino per ospiti e invitati, recava l’effigie di Matteo. Un salto di qualità impensabile: i suoi nei, la sua bocca, il naso e gli occhi, naturalmente il suo sorriso, prima di ogni altra cosa, prima ancora del nome della ditta. E quelle camicie bianche dei leader europei, tutti bei giovanotti allineati e felici chiamavano il ricordo di un’altra passerella bianca, la scelta di Silvio Berlusconi di imporre la divisa sportiva ai suoi ospiti alle Barbados, la cerchia stretta dei suoi amici e consiglieri, da Gianni Letta a Fedele Confalonieri, chiamati a fare jogging nella splendida ed esclusiva location che il Cavaliere aprì ai tempi del suo impero. Un partito personale ha forme tipiche di adesione. E nel leader vive e si tiene. Oggi l’Emilia scopre per la prima volta che – in assenza del leader da acclamare e venerare – il partito semplicemente non esiste più. È domenica e resta in casa: prima i tortellini poi a guardare l’Arena di Giletti che indaga sul matrimonio di Clooney, officiato – sarà che pure George è di sinistra? – da Walter Veltroni.
da: Il Fatto Quotidiano 30 settembre 2014