Io sono un guerriero!”. Il nuovo eroe dei due mondi si chiama Giuseppe Scopelliti: è diretto in Europa, dove farà ascoltare le ragioni della sua Calabria da cui improvvisamente è stato cacciato. “Dobbiamo dimostrare di essere una squadra coesa e all’altezza dei successi che ha mietuto in questa regione”, dice ogni volta che gli tocca stringere una mano. Le mani non si stringono più in piazza perché è passato di moda il comizio persino in questa città, l’amatissima Reggio che l’acclamava in ogni dove. Con Scopelliti fino a qualche anno fa era tutto un andirivieni di gioventù missina, Gasparri e Alemanno in uno struscio continuo, e anche Gianfranco Fini. Fascista un pochino, resa abulica da internet, Reggio si è trovata come indisposta e Giuseppe, alla prima prova pubblica, ha dovuto far traghettare un po’ di gente d’altri luoghi. Cosicché ha avuto termine la campagna di piazza e si è passati, per l’appunto, alle mani. Mani da stringere in silenzio, da incontrare in silenzio. Meno si vede e meglio è. “In questa settimana non abbiamo in agenda incontri pubblici, nella prossima qualcosina”, comunicava il suo staff qualche giorno fa. È TERRIBILE doversi acquattare, ma di necessità si fa virtù perché la storia di Giuseppone è davvero straordinaria. Governava benissimo fino a qualche mese fa poi i giudici, incaponitisi a trovare fanfaluche nel bilancio del comune di Reggio Calabria, città della quale il nostro eroe è stato sindaco riverito, tanto che si diceva “modello Reggio” per dipingere il tratto con cui amministrava, hanno rovinato con l’inchiostro di una sentenza di condanna tutto il ben di Dio che Lui aveva costruito. Sei anni di reclusione! E persino interdetto in perpetuo dai pubblici uffici.
Allora Scopelliti ha reagito da uomo vero: “Per i nani della politica calabrese il mio annuncio di dimissioni poteva essere scambiato come un escamotage. E invece no! Mi sono dimesso davvero”. Poteva restare seduto al posto di governatore per qualche ora ancora, ma lui ha voluto distinguersi. Da qui l’atto eroico. Prima che intervenisse il decreto di sospensione, per via della legge Severino, era già un comune mortale, senza auto, autista, e supporters. Questa testimonianza di vita e di passione gli è valsa la candidatura alle elezioni del 25 maggio. L’ufficio centrale del Ncd, il nuovo club che ha ingaggiato il guerriero, ha voluto a tutti i costi rimetterlo in partita e il ministro dell’Interno Angelino Alfano, in ossequio ai poliziotti che avevano indagato il suo golden boy e ai giudici che l’avevano condannato, ha decretato il trasferimento a Bruxelles, per liberare le energie di questo prodigio lontano dai miasmi di Reggio. È nata così una stella e una nuova tipologia di politico conquistatore. In ragione della condanna è stato candidato. Se i giudici non si fossero messi di traverso a quest’ora nelle liste elettorali ci sarebbe un incensurato.
Stessa sorte, cinquecento chilometri più a nord, è toccata ad Armando Cusani, presidente della provincia di Latina. Qui lo scandalo è stato ancora più acuto: i giudici pontini, dimostrando un intento persecutorio senza pari, hanno emesso non una ma due sentenze contro di lui e sempre per via di micro abusi edilizi, verande, ripostigli, mura di confine, allargamenti, volumi aggiuntivi, eccetera. Cusani era, anzi è (“io sono ancora il presidente”), il capo della provincia di Latina. Anche lui sospeso dalla legge giustizialista che porta il nome di legge Severino. Lui non ha fatto come Scopelliti, non solo non si è dimesso ma ha citato i giudici, denunziando l’oltraggio. È stato sospeso dal prefetto di Latina contro la sua volontà e allora si è ritrovato buttato sul proscenio: “Questa è l’Europa che voglio!”, dice da venti giorni. Forza Italia, il partito che lo sta sostenendo in questa maiuscola prova da sforzo, l’ha voluto a tutti i costi candidare. Ed è una bellezza ritrovarselo.
Come a Reggio i cittadini hanno colto sui muri il sorriso e il bel faccione di Giuseppe l’eroe dei due mondi, così Latina si ribecca Cusani.
Condannato e perciò candidato. Oppure l’opposto. Fatto sta che il candidato condannato è l’ultima offerta della politica che chiama il popolo a intervenire direttamente nel giudizio penale e risolvere democraticamente, attraverso le urne, la diatriba. Espatriano dunque, ma non sono figli di serie B, queste personalità problematiche. Forza Italia tiene così tanto a Cusani che il suo candidato più prestigioso, il commissario europeo uscente Tajani, lo sostiene in ogni dove. Tajani e Cusani sono una coppia inossidabile, un connubio invincibile.
da: Il Fatto Quotidiano 16 maggio 2014