Risalendo verso nord, mi fermo a Battipaglia. Nel paradosso italiano non poteva mancare l’esemplare, incredibile storia di questo default alla rovescia. Gruppo Paif. Qui gli operai coprivano i turni di giorno e qualche volta anche di notte, e pure i festivi erano impegnati in fabbrica. Non avevano bisogno di correr dietro i clienti, era il lavoro che correva dietro agli 84 lavoratori del gruppo. “Producevamo posate e piatti di plastica. Due milioni di pezzi all’anno. Le migliori posate, i migliori piatti erano i nostri. E le grandi catene di distribuzione non ci mollavano: Auchan, Coop… anticipavano i pagamenti per ottenere forniture regolari”. Quaranta milioni di fatturato, salute ottima ma impresa fallita. Produzione eccellente, innovazione continua, alta tecnologia: i fondamentali erano a posto eppure non c’è stato scampo. I proprietari, con uno slalom tra banche e investimenti temerari verso altri business, hanno svuotato la cassa e ridotto gli operai sotto una tenda. Sono lì da dicembre, quando l’ora x è scattata. Continue reading
O come operai
L’UNICO capitale di Giulio sono le sue mani. Con queste mani, nere come il carbone, nere come la galleria che sta scavando, manda avanti la vita sua e quella della famiglia. Millecinquecento euro al mese per otto ore al giorno, per sei giorni su sette. La sua branda è al campo base di Lauria sud, nel crostone lucano che avanza verso il Tirreno e separa la Campania dalla Calabria. Insieme ad altri trecento compagni: lucani, calabresi, friulani, bosniaci, slovacchi, greci. Ospitati in queste baracche moderne, parallelepipedi adagiati l’uno di fianco all’altro. Nell’ordine che gli italiani hanno conosciuto nella loro lunga storia di emigrazione. I campi di lavoro si somigliano tutti: quelli delle acciaierie della Ruhr, nei dintorni di Dusseldorf, o verso Stoccarda per chi trovava l’ingaggio alla catena di montaggio della Volkswagen. Per i più sfortunati c’era la fatica a Marcinelle in Belgio, oppure i cantieri stradali nel land di Amburgo. Quelle casette erano di legno, e c’era più neve, più freddo, e pareva un mondo ostile. Mondo lontano e perduto, amore mio.Continue reading