UN PARTITO ESISTE se esiste un destino comune. Conferendo a Matteo Renzi i poteri di commissario straordinario, il Pd perde ogni scopo perché il segretario-presidente assume su di sé l’onere di condurre tutti in un luogo imprecisato, a sua scelta. Sarà un viaggio senza ritorno. Ma lui è vincente, il Palazzo lo sconfitto. Del tutto naturale la ritrosia, la paura e la nascente ma tardiva opposizione che si costruirà anzitutto nel Pd per fermare quella che appare una deriva personalistica. A un Paese con la memoria precaria e senza voglia di un destino comune, la soluzione dell’uomo solo al comando è la più gradita perché agevola la proiezione fantastica di riversare sulle spalle di uno (l’unto del Signore?) ogni necessità, bisogno o soltanto sogno. Renzi è figlio legittimo dell’egemonia culturale berlusconiana che ha immerso l’Italia in uno stato di astenia. Non c’è sforzo collettivo, chiamata alla responsabilità dei singoli, durezza della prova. Prima era Silvio, adesso è Matteo che ci cambierà la vita. Se vince, perde il Palazzo Con lui il Pd non ha più senso.
da: Il Fatto Quotidiano 27 febbraio 2014