Vuoi un Di Battista? E se ti do Di Battista, così fotogenico e televisivo, così carino e vestito bene, mi garantisci che sarai lieve, tenera come i suoi anni? Doveva arrivare il giorno che perfino Rocco Casalino, intrepido caratterista del Grande Fratello, impartisse indicazioni ai giornalisti nel solco dell’abitudine immortale di chi è al potere: trasformare l’intervistatore in un soprammobile. Poche domande e soprattutto non invadenti. “Voglio una cosa leggera ma con contenuti politici” ricorda Casalino di aver detto durante le trattative, nella veste di tutor a cinquestelle, a Daria Bignardi. Il verbo è un programma: voglio.
È lui che bussa alle Invasioni barbariche, è lui che avanza l’offerta e che dispone le condizioni. Il nostro Rocco ha infatti tra le mani il campione dei grillini, Alessandro viso d’angelo. Un ragazzo bello e buono e soprattutto bravo, cittadino-deputato perfetto: cravatta al posto giusto, linguaggio svelto ma pacato, duro ma coscienzioso e in forma smagliante. Finalmente un oppositore stimabile, che non urla ma indugia nel sorriso, che non chiede ma si offre, che non contesta ma spiega.
Bignardi non restituisce Casalino ai ricordi del Grande Fratello e Di Battista al suo lavoro alla Camera. Prende – vista la penuria di grillini – comprensibilmente l’uno e l’altro. In televisione, questo bisogna aggiungere, il parterre degli ospiti politici è affare prevalentemente devoluto agli uffici stampa. Vivono (e prosperano) agenzie di collocamento televisivo che hanno in portafoglio renziani e berlusconiani, centristi e fascisti, carogne e schiappe. Li distribuiscono durante tutto l’arco della giornata a seconda dei bisogni. Vuoi uno che picchia? Ce l’ho! Vuoi uno che ammoscia? Ce l’ho. Chiamano, propongono, ottengono. In Rai è quasi la regola. Ogni politico che abbia un nome si sceglie, specialmente ai tg, l’intervistatore di fiducia, fido al guinzaglio. Pure in parecchi giornali, siamo onesti (per fortuna non in questo), la scelta è demandata all’intervistato, se leader. Gradisce monsieur? Esiste la controprova: scegliete un nome di un politico di primo piano e vi troverete, se cliccate su Google, nelle immediate adiacenze il cognome del domandiere professionista. E chi si sarebbe fatto scappare l’occasione di avere in studio quel fenomeno di Di Battista? Nessuno. Ha la forza espansiva del condottiere, il coraggio di un esploratore, la virtù di un inesauribile seminatore di democrazia.
Non c’è Paese dell’America Latina dove Alessandro non sia andato per liberarlo dalle catene dell’imperialismo. Leggiamo quel che ha scritto nel curriculum: “Dopo la laurea (al Dams, ndr) lavoro un anno come cooperante nella giungla del Guatemala occupandomi di educazione e progetti produttivi nelle comunità indigene. Torno in Italia e lavoro per Amka onlus, un’organizzazione che porta avanti progetti di sviluppo nel sud del mondo. In Amka mi occupo di comunicazione, formazione e progetti in Guatemala. Nel 2008 parto per il Congo dove mi dedico al micro-credito e all’istruzione. Sempre nel 2008 lavoro all’Unesco Italia occupandomi di diritto all’alimentazione. Nel 2010 parto con un biglietto di sola andata per il Sud America per raccogliere materiale per un libro sulle nuove politiche continentali. In Patagonia studio il fenomeno delle fabbriche recuperate dagli operai dopo la crisi, in Cile sostengo la lotta del popolo Mapuche. In Bolivia mi occupo di sovranità alimentare e condizioni di vita dei minatori. Studio l’im patto sulla popolazione dei progetti Enel in Cile e Guatemala, lavoro con i lebbrosi nel lebbrosario di San Pablo in Amazzonia. In Ecuador mi occupo di orti urbani e giustizia indigena; in Colombia, Perù, Nicaragua di lotta al transgenico, riforma agraria e movimenti contadini. In Colombia studio i fenomeni criminali (narcos, paramilitarismo, sicariato)”.
Che Guevara chi?
A questo punto entra in scena Casalino, quello del Grande Fratello. da: Il Fatto Quotidiano 5 febbraio 2014