Carlo Verdone: “Roma, zozza e derubata Spero migliori qualcosa”

Era il 1998 e a Carlo Verdone venne in mente di fare il sindaco di Roma. “Scrissi la sceneggiatura di botto. Un quarto d’ora ed ero pronto alla discesa in campo”.
Il manifesto programmatico: Affida la città a chi ha sofferto.
Un mezzo bullo, sicuramente mitomane e una netta inclinazione all’esibizionismo. I politici, mi sono accorto poi col tempo, hanno un piacere assoluto nella mitomania, che è una pura devianza dell’intelligenza, una cosa da psicanalisi, una questione evidente di regressione fantastica, estrema necessità di stupire ed esibirsi.
Gli italiani sono affascinati dai mitomani.
Gli italiani, lei dice. È un Paese così disunito, strano, distinto. A una parte di italiani il mitomane affascina, l’eccentrico fa proseliti, il miliardario conquista simpatie chiama all’emulazione, produce milizie che ingaggiano una lotta col destino per divenire ridens e pieni di banconote. Hanno un bisogno patologico di una suggestione forte, eccessiva.
La politica ha superato il suo cinema, la curva estrema dell’impossibile.Continue reading

Alemanno-Rocky, titoli di coda dai Cesaroni

È venuto sudato e s’è seduto nell’angoletto. Che gli dici? Gnente. Posso avere un’aranciata? Eccote l’aranciata. M’è venuto il pensiero che era meglio che se n’annasse, per lui era meglio s’intende, ma come fai a dirlo, è pur sempre er sindaco. Tempo cinque minuti e c’era casino. Solo parole però. D’altronne ‘sto quartiere se chiama Garbatella e mi’ nonno era un grande comunista”.
GAETANO MONTINI è il titolare del bar I Cesaroni, divenuto il set romano più famoso e più amato d’Italia per via dell’epopea televisiva che oramai da cinque anni anni cattura – grazie a Mediaset – quantità costanti di teleutenti radunati in salotto nel prime time, la fascia serale tanto cara alla pubblicità. Questo bar è stato il teatro della tragedia elettorale di Gianni Alemanno. Tempo fa quassù, sul cucuzzetto che scivola nel traffico dell’Ostiense, anche Silvio Berlusconi è venuto a fare una capatina. Ma di mattina presto e in solitaria. Serrande appena alzate, il Cavaliere che non lascia l’auto e guarda il bar a distanza di sicurezza. Continue reading

Ascolto il tuo cuore, Italia dimenticata

IL VIAGGIO DI FRANCO ARMINIO TRA LE MISERIE E LA NOBILTÀ DELL’APPENNINO CENTRALE

GEOGRAFIA COMMOSSA DELL’ITALIA INTERNASono frammenti di cuore e d’amore, richieste d’aiuto, note dell’animo. Lui seziona le vedute, ritaglia una porta, un camino, un foglio di carta, un filo d’erba. Franco Arminio opera come un grande chirurgo dell’abbandono, scrive dell’Italia desolata e perduta, sconfitta dalla metropoli, piegata dalla vecchiezza eppure saggia, orgogliosa, coraggiosa. È l’invincibile guerriero dell’Italia interna, quella che si mantiene lungo i fianchi dell’Appennino centrale, che segna con la sua povertà l’osso dell’Italia. Arminio ha il quartier generale nella sua Irpinia, l’Irpinia d’oriente, a cavallo tra Puglia e Campania, tra campi di grano e pale eoliche. Ed è da lì che parte sempre per descrivere l’abbaglio modernista, il luogo comune del progresso, della civiltà. Questo suo ultimo libro, Geografia commossa dell’Italia interna, conclude un meraviglioso viaggio iniziato con Terracarne dentro il buco nero della memoria. Franco è un meridionale e trova ispirazione, forza espressiva e vena poetica quando si incammina per le strade del Sud, quando trova, specialmente tra i calanchi lucani, ciò che desidera: vicoli bui o aperti al cielo, alla luce. Territori scomposti e sconosciuti, vite perdute o solo affamate di un futuro migliore. Sembra poesia, elaborazione espressiva, uso virtuoso delle parole, ed invece è protesta civile, denuncia formale di come noi italiani sappiamo bruciare il ricordo, costringere la nostra vita nei cubi di cemento armato delle periferie senza aver provato, e sopportato, l’altra vita: quella del paese, la comunione delle esistenze.Continue reading

Roma al ballottaggio. Rincorsa del taglianastri

IL PONTE DELLA MUSICA È GIÀ ALLA TERZA INAUGURAZIONE. QUESTA VOLTA IL SINDACO E I VIP SONO LÌ PER L’INTITOLAZIONE A TROVAJOLI
Un filo d’erba, un tronco d’albero, due metri di rotaia di tram, il cancello del cimitero, mezzo ponte, l’asfalto nuovo o – in mancanza – anche solo una toppa di bitume. In campagna elettorale è tutto un fremito inaugurale, una fanfara felliniana che scivola via da un luogo all’altro, una truppa plaudente e peripatetica estasiata, convinta, col cuore gonfio di premure e di gratitudine. Anche stasera, e per nostra fortuna, si inaugura qualcosa. In campagna elettorale le città infatti rifioriscono di nuove opere mai viste prima, e andare al ballottaggio significa godere di quel di più, vedere ciò che non si è visto, e ogni sera fare “ohhhh”, perchè un altro sogno si è avverato. Roma è la più fortunata di tutte. Siamo al Ponte della Musica, che è un gran bel pezzo architettonico, e ci sembrava che fosse stato già inaugurato non una ma due volte. Però stasera è diverso: oggi quel ponte anonimo, bianco fuscello di ferro che congiunge il Tevere appena dopo i circoli nautici, ha un nome: Armando Trovajoli. Al grandissimo musicista si leva una targa grazie al laborioso impegno sulla toponomastica di Gianni Alemanno, il sindaco che ha fortissimamente voluto la targa (l’opera è farina del sacco di Rutelli ma non è il caso ora di ricordarlo). Continue reading