PER IL SENATORE LA MITE PRESIDENZA DELLA COMMISSIONE ESTERI
Pier Ferdinando, Pierfurby o solo Pier. Nel nome modulare (lungo, tronco o sputtaneggiante) si sviluppa e completa la storia del più grande assaggiatore di poltrone che sia mai esistito in Italia. Casini, che oggi vive l’umiliazione di occupare solo due stanzette a Palazzo Madama che appartennero a Giulio Andreotti, e infatti le ha mostrate ai giornalisti – “mi sono state date perché ho rinunciato agli uffici di presidente della commissione Esteri” – con la disperazione di un appiedato sul raccordo anulare, è stato il mirabile esempio di come si viva nel potere anche senza la necessità di affogare nei voti. La virtù casiniana è stata, fino a quattro mesi fa, di sistemare la sua pancia, il suo sorriso e le sue mani nel centro di gravità permanente degli affari politici. Egli era appunto un equilibratore di apparati, connetteva forze opposte situando la sua parola nel mezzo di ogni trattativa, o discorso, o anche e solo lite. “Io c’entro” diceva con l’imponenza della chiarezza un suo pluridecorato slogan elettorale. Centrava sempre la poltrona giusta, anche senza avere nel sacco la mirabilia di consensi che pure, attraverso le sue parole, pareva che effettivamente possedesse. Erano effetti ottici, fuochi d’artificio, promesse vuote come zucche. Ma quando diceva “noi moderati” era superlativo. Faceva apparire il resto del mondo una banda di estremisti zoticoni, pieni di furori giacobini o di mollezze creole. Noi moderati, e zac! Lui si piazzava lì. Oppure piazzava i suoi. A chi vuoi dare il Tg1? Ma certo a un moderato! E un consigliere di Finmeccanica? A un moderato!Continue reading