IL VIAGGIO DI FRANCO ARMINIO TRA LE MISERIE E LA NOBILTÀ DELL’APPENNINO CENTRALE
Sono frammenti di cuore e d’amore, richieste d’aiuto, note dell’animo. Lui seziona le vedute, ritaglia una porta, un camino, un foglio di carta, un filo d’erba. Franco Arminio opera come un grande chirurgo dell’abbandono, scrive dell’Italia desolata e perduta, sconfitta dalla metropoli, piegata dalla vecchiezza eppure saggia, orgogliosa, coraggiosa. È l’invincibile guerriero dell’Italia interna, quella che si mantiene lungo i fianchi dell’Appennino centrale, che segna con la sua povertà l’osso dell’Italia. Arminio ha il quartier generale nella sua Irpinia, l’Irpinia d’oriente, a cavallo tra Puglia e Campania, tra campi di grano e pale eoliche. Ed è da lì che parte sempre per descrivere l’abbaglio modernista, il luogo comune del progresso, della civiltà. Questo suo ultimo libro, Geografia commossa dell’Italia interna, conclude un meraviglioso viaggio iniziato con Terracarne dentro il buco nero della memoria. Franco è un meridionale e trova ispirazione, forza espressiva e vena poetica quando si incammina per le strade del Sud, quando trova, specialmente tra i calanchi lucani, ciò che desidera: vicoli bui o aperti al cielo, alla luce. Territori scomposti e sconosciuti, vite perdute o solo affamate di un futuro migliore. Sembra poesia, elaborazione espressiva, uso virtuoso delle parole, ed invece è protesta civile, denuncia formale di come noi italiani sappiamo bruciare il ricordo, costringere la nostra vita nei cubi di cemento armato delle periferie senza aver provato, e sopportato, l’altra vita: quella del paese, la comunione delle esistenze.Continue reading