Il giaguaro è stato smacchiato e la porta di palazzo Chigi è aperta. Arriva da Bettola, tremila abitanti divisi dal torrente Nure, sui colli piacentini, il prossimo probabile premier italiano. I conti si fanno alla fine, è vero, e la campagna elettorale deve ancora iniziare. Però sembra venuto il tempo di Pierluigi Bersani, sessantuno anni, figlio di Giuseppe, benzinaio al paese, laureato in filosofia con lode e una tesi su papa Gregorio Magno. “Sono un giovane di lungo corso”, ha detto. Aveva i brufoli in faccia e già sedeva su una poltrona, vicepresidente della comunità montana. Poi sempre col naso all’insù, a scalare posizioni e guardare in cielo, lì dove sorge sempre il sol dell’avvenire: assessore regionale, presidente, deputato e ministro e eurodeputato. Vicino al potere e vicino alle coop perchè le cose che contano per Pier Luigi e per ogni buon dirigente emiliano sono due: il partito e l’industria. Nato e vissuto nel cuore del motore della sinistra italiana, militante ortodosso, perfetto nel Pci di allora e poi in prima linea in tutte le sue filiazioni. Pragmatico, riformista, aggiustatore per indole. Vicino alle Coop, perchè di sola passione si muore e vicino – anzi dentro – all’altra grande fabbrica della politica italiana, Comunione e liberazione. “Occhetto voleva chiamare il nuovo partito Comunione e Libertà”, disse agli amici ciellini, segnando il suo ruolo di partecipe cofondatore.Continue reading