Se sono pecorelle smarrite o solo furbe o anche diaboliche ce lo dirà don Andrea Gallo. E lui deciderà se riportare alcuni dei volti che hanno segnato questo 2012 nell’ovile oppure dirottarli altrove. Sono prevedibili molte penitenze e poche assoluzioni.
Don Gallo è stato un bravo marinaio e da Camogli guarda ogni mattina il mare e si fa il segno della croce. L’Italia è affondata quella notte al largo del Giglio.
Mamma mia che vergogna, umiliati nel mondo. Tutti i miei compagni a dirmi: ma hai visto che roba?
L’Italia come la Costa Concordia.
Se abbiamo comandanti come Schettino!Ma chi gli ha dato la patente?Continue reading
Fabrizio Barca: “Basta governo, da grande voglio impegnarmi nel partito”
Vuol sapere la verità? Non ho affatto intenzione di candidarmi, reputo che questa esperienza di governo sia servita per suggerirmi un altro interesse che in questo Paese è vissuto come una diminutio ma che per me è essenziale per far girare le cose: l’organizzazione dei gruppi intermedi, quel collante indispensabile tra la società e l’esecutivo”.
Altro che una poltrona in Parlamento, altro che un superministero, il sogno nel cassetto di Fabrizio Barca è andare al Partito, p maiuscola.
Esistono energie che non sono liberate, realtà che nessuno vede perchè non esistono più sezioni, circoli o come diavolo si chiamano oggi. Un governo funziona se funziona l’organizzazione dei gruppi intermedi, se l’ascolto del territorio è costante, se esiste mediazione tra base e vertice. Ecco, se dovessi dirle adesso, quella è una sfida che mi piacerebbe affrontare dopo questa parentesi ministeriale.Continue reading
Il verbo del Prof. che chiede di credere in lui
Le nuche ministeriali hanno iniziato, col passare dei minuti, un sistematico e sempre più percettibile moto di approvazione. Era intenso quell’andirivieni di teste e straordinario, nella foto di gruppo del governo visto di spalle, il plotone di professori schierato davanti al Professore. Il cranio esposto di Corrado Passera non ha mai smesso di accompagnare la salita in campo. Un indice dell’intenso moto del ministro era dato dal fascio di luce dei riflettori che rimbalzava ad intermittenza sulla pelata provocando un bell’effetto chiaroscuro. “Sono i miei ministri” ha detto Mario Monti, facendo finta di stupirsi del fatto che avessero occupato tutta la prima fila. Con loro segretari, assistenti, anche ammiragli della Marina militare, portavoce, forse qualche portaborse. Insomma i fedelissimi erano lì. Un gesto di cortesia ma anche la voglia di stare in campo, anzi per alcuni di essi di “salire” sul campo della politica. Continue reading
Consultazione fiction ultima posa al Colle
LA SORTE DELL’ESECUTIVO È GIÀ SEGNATA, MA LO SPETTACOLO DEVE CONTINUARE PER PRIME LINEE IN DISARMO E COMPARSE CHE TORNERANNO ANONIME
Dietro la coda di cavallo di un maestoso corazziere è spuntata una bella signora bruna, appena uscita dalla sala trucco. “Rappresento Fratelli d’Italia, nuova formazione del centrodestra”, ha detto. Sembrava una fiction di Rai uno sul Quirinale, quelle serie televisive che si programmano per riempire le giornate fiacche della settimana. Invece no, era tutto vero. Vera lei, gentile senatrice bergamasca nella funzione di promoter dell’ultimo ritrovato del Popolo della libertà: chi sente una piccola fiamma dentro e ama i La Russa, che sono pure fratelli, oggi sappia che può scegliere il loro partito. Renderà più digeribile Silvio Berlusconi. Comunque la Gallone, visto che era venuta al Colle, si è pure sentita in dovere di allungare la visita con questa raccomandazione: “Se Monti si candida, allora pensiamo che serva un altro premier per la transizione”.
L’HA DETTO per puntiglio, perchè sapeva che le consultazioni convocate dal Quirinale, inghiottite tra le nove del mattino e le tre del pomeriggio di ieri, erano un falso d’autore obbligato per osservare il rito che la Costituzione prevede in caso di crisi di governo. Il capo dello Stato chiama i capi delegazione dei partiti e chiede loro un consiglio: che faccio, sciolgo le Camere o continuo? Ieri il fantastico è divenuto certo e non per colpa di Giorgio Napolitano che davvero non poteva far altro. Lui ha finto di ascoltare, gli altri hanno finto di comunicare, i giornalisti hanno finto di prendere appunti. Solo i corazzieri sono stati sull’attenti per davvero. E veri erano i tramezzini, break di mezzodì, e vero Maurizio Gasparri, sempre più simile a Neri Marcorè, il suo imitatore. Era Gasparri o Marcorè? Gasparri, certo. A un lato anche Fabrizio Cicchitto, e forse è l’ultima passeggiata che si fa al Quirinale. Toccata e superata la settantina, sembra afflosciato e senza più verve. È come se il berlusconismo gli avesse consumato ogni energia intellettuale. Non è il fisico che lo tradisce, anzi, ma pare disossato dal leader che una ne pensa e cento ne fa. Cicchitto, al contrario di Gasparri, non gli sembra star dietro. Ieri alla Camera un giovane collega di gruppo, Simone Baldelli, ha imitato la sua voce nell’ultimo intervento in aula. Sorridevano tutti. Gasparri abbiamo detto che è identico a sempre, come il suo numero di cellulare, uguale da decenni, e la cravatta azzurrina appena meno densa dei pesciolini che tanto ama Gianfranco Fini, ex amico. Continue reading
Lacrime, foto e abbracci Arrivederci scranno
CHI FA IL DISCORSO DI ADDIO E CHI SI ATTACCA ALLA POLTRONA FINISCE L’ERA DI CHI HA CREDUTO A RUBY “NIPOTE DI MUBARAK”
Baci e abbracci, carezze e ricordi. “Posso chiedervi una foto?” domanda il varesino Daniele Marantelli a Walter Veltroni e Massimo D’Alema. Sono stati i suoi leader, hanno dominato nel partito e in Italia sono stati riveriti e ascoltati per più di un quarto di secolo. Conserverà la foto sull’iPhone, oggi la mostrerà alla moglie e agli amici. D’Alema e Veltroni, compagni e nemici, o anche fratelli coltelli, se ne vanno, lasciano prima che il tempo consumi loro e il rancore faccia peggio. La storia siamo noi, si certo, ma anche quella di Domenico Scilipoti, volto conquistato al teatrone della politica: “Il Signore misericordioso se vorrà mi concederà di tornare qui. Io sono nelle sue mani”.Continue reading
Il miracolo di un uomo trasformato da un anno di governo spariti i tecnici, alla sua corte arriva Lorenzo Cesa
IL MIRACOLO DI UN UOMO TRASFORMATO DA UN ANNO DI GOVERNO SPARITI I TECNICI, ALLA SUA CORTE ARRIVA LORENZO CESA
Il loden è lo stesso e la cravatta di quel celeste palliduccio e la grisaglia perfetta da uomo di Stato. È lui, è Mario Monti. Cambia il contorno, la farina del pane nuovo non è bagnata dalle lacrime della Fornero, e non ci sono più le orecchie a sventola di Piero Giarda, il ministro dumbo, colto e severo. Ecco Lorenzo Cesa, un magnifico esemplare democristiano resistito a ogni tempesta fare ingresso nel suo ufficio al seguito dei big della moderazione italiana: Luca di Montezemolo e Pier Ferdinando Casini. Sono solo i primi tre nomi, quelli che vengono a mente più di ogni altri, che ieri si sono accomodati nelle poltrone dell’ampia sala di palazzo Chigi. Di ospiti il premier ne riceve a dozzine, e tante telefonate e preghiere e intercessioni. E persino evocazioni. Lui zitto: “Ha preso appunti”. Non dissente né consente. C’è ma non c’è. È il candidato del centro, o potrebbe esserlo. Sarà in campo, dentro o ai bordi.
C’È UN MONTI CHE VA e un Monti che viene. Un loden che parte e uno nuovo che si insedia. Quando giunse, appena dodici mesi fa, fece riprendere dal garage di palazzo Chigi la Lancia Thema, vettura opportunamente vintage e al passo col dramma dentro cui stava affogando l’Italia. Sua moglie, riferì il premier in una nota gastronomica assai inedita per i costumi politici a cui gli italiani erano abituati, aveva sistemato cotechino e lenticchie, comperati in una salumeria alle spalle del Palazzo, su due pirofile trovate nella cucina presidenziale, per festeggiare con dignità ma assoluta parsimonia un Capodanno triste. Questo era Mario Monti solo l’anno scorso. “Sono al servizio dell’Italia”, disse e confermò. Infatti il capo dello Stato lo aveva nominato solo poche ore prima senatore a vita per decretarne la terzietà e anche la statura morale e la reputazione molto al di sopra della media. E lui non fece altro che mantenere vivo il ricordo di quanto l’Italia potesse cambiare, e anche di come i guai, alla fine, potessero persino portare beneficio, e il male risolversi in bene, la povertà in virtù, la sobrietà in ricchezza, eccetera. Molto intima, come ogni confidenza sincera e sentita, quella voglia di tenersi fuori, appartarsi: “Mia mamma mi diceva sempre: stai alla larga dalla politica”. Ecco, questo era il professore solo dodici mesi fa. Non aveva fatto i conti con la passione che certo si è impadronita del suo corpo piano piano, senza far rumore. E si è svelata scendendo dalla testa verso i piedi: una discesa in campo. Si scende in politica infatti, non si sale in politica. E quella passione si è manifestata prima con piccoli colpi di tosse, poi con sospiri lievi ma ripetuti, infine con la parola. “Non mi interessa” iniziò a dire. Ma il pensiero evoluto si manifestò a New York il 17 settembre scorso: “Non mi candido però posso dare una mano all’Italia”.
ECCO, QUELLA MANO sembra lo abbia avvinghiato e lo stia trascinando lentamente, ma inesorabilmente verso l’agone comiziante. E il suo ufficio, prima denso di algoritmi, di parcelle da pagare, e tasse e tagli, e ospedali da chiudere, strade da sistemare, ferrovie da costruire, persone da licenziare, si è andato via via affollando di questue, petizioni signorili e anche burberi richiami. Il loden è rimasto lo stesso ma col loden Monti si è diretto all’appuntamento con Giorgio Napolitano, non felicissimo della sua determinazione a occupare il centro del centro del centro. Lui o la sua agenda, il programma che sta stendendo e che, in nome suo, sarà trasmesso nelle mani di Cesa per farne un libro di impegni solenni e irrinunciabili. Saranno quattro liste o solo tre? O addirittura una? E chi ci sarà? Un bel dibattito e un fremito d’ansia: oggi è la volta di Marchionne ed Elkann. Atteso endorsement della Fiat, con il premier in visita a Melfi. E dopo anche quello di Pomicino? Monti uno e trino: tecnico e senatore a vita, super partes e anche un pochettino sotto le parti. Un po’ di destra e anche un po’ di sinistra. Con l’Europa e con l’Italia. Con gli industriali ricchi alla Montezemolo e i militanti della povertà di Andrea Riccardi, plenipotenziario della comunità di Sant’Egidio. Lui sta decidendo il da farsi. Purtroppo lo tirano per la giacca e sua moglie, dicono, è dispiaciuta: vorrebbe che tornasse alla Bocconi. Il suo staff lo vedrebbe invece bene al Quirinale. Il fatto è che una moltitudine di Cesa lo attende fiduciosa e con l’agenda in mano.
da: Il Fatto Quotidiano, 20 dicembre 2012
Gli irriducibili del Parlamento: “Senza politica muoio”
Lasciare questo posto è come dire a un prete di restituire la tonaca. É difficile capire la mia condizione e non voglio esagerare: ma senza la politica io muoio. Non ho faccende da sbrigare, né clientele, né tessere né affari. É questa aria che temo mi manchi, l’ossigeno che ti fa campare”. Dev’esserci amore e chi vuole ci creda. Cesare Marini ha superato da un po’ la settantina, agiato di condizione e con un portafoglio di legislature plurime. Eppure non ce la fa a dire addio. Ha chiesto la deroga al Pd, che gliel’ha data iscrivendolo nel registro degli anziani, i cosiddetti veterani. C’è qualcosa che oltrepassa il potere e prende la testa, un registro mentale che – malgrado tutto – respinge l’idea di archiviare il Palazzo persino quando esso sia finto, magari appariscente come quei fondo tinta che celano il viso sciupato e ferito dagli anni. La cattiva reputazione della politica sembra non sia sufficiente a far mollare la presa. Pochi si ricordano tra coloro che hanno smesso, hanno rotto l’incantesimo. Per esempio Raffaele Della Valle, l’avvocato di Tortora, capogruppo agli albori berlusconiani. “Avvocato ero e avvocato torno ad essere”. Così lui, e così ha fatto – per un solo tempo –Giuliano Pisapia, terminato il mandato è tornato a Milano, nel suo studio. Ma ci è rimasto poco.Continue reading
I Qualunque in carne ed ossa
Prevale un furore leninista e il comico non fa più ridere
Beppe Grillo dovrebbe fare un grande respiro e pensare che, dopotutto, lui è un comico. Ha fatto molto più di quel che poteva, ma resta un comico, non un leader, nemmeno un capo. Un ispiratore, un suggeritore, un grande e fortunato movimentatore di idee. Di più non sa fare e si vede. Un leader non è un poliziotto e la sua autorevolezza non si sostiene con le sanzioni. Ha creato un movimento non un carcere. E i suoi militanti non sono secondini del pensiero, indagatori delle altrui intelligenze, esploratori delle vergogne comuni. I militanti sono per lo più brave persone che hanno voglia di fare qualcosa per l’Italia. Promuova i migliori, non i più fedeli.Continue reading
Non c’è più tempo per le primarie Pd: deputati in festa
SOLO UN MESE PER LE CONSULTAZIONI POPOLARI CHE DOVREBBERO SELEZIONARE I CANDIDATI
Finita la seduta, il Transatlantico ieri sera non si è svuotato come succede sempre all’ora di cena. Questa volta il ristorante ha atteso che i parlamentari del Partito democratico si saziassero con i conciliaboli sulle prossime ricandidature: “Tu sì? E io pure”. Questa volta si festeggia e nell’aria non ci sono trombati né proscritti. Tutti promossi, sembra. Ieri alla Camera c’era anche Bersani, il leader vittorioso, e finalmente si sono potute scambiare due chiacchiere con lui. Clima sereno, temi allegri, futuro (corna facendo) assai roseo. Se le previsioni dicono la verità tutti e 204 i deputati troveranno la poltrona al loro posto. Numero che con le rinunce attese (almeno venti) e gli ulteriori voti promessi dai sondaggi fanno salire alla mastodontica cifra di 340 i seggi che il Pd potrà ottenere.Continue reading