Mi è stato chiesto se anch’io avrei pubblicato ogni parola, anche quelle rubate da un microfono nascosto, com’è accaduto all’esponente del movimento 5 stelle Giovanni Favia. Ho risposto di sì. Un giornalista non decide cosa pubblicare e cosa no. E non deve dividere le notizie e confonderle con le amicizie.
Non sapevo, e dunque non ho commentato però il fatto che l’intervista fos
se stata registrata molti mesi prima della sua messa in onda. Congelare e poi scongelare è generalmente un’attività culinaria, e il giornalismo non è la prova del cuoco. Quel che si ha si diffonde nel più breve tempo possibile. E se è uno scoop, non si concorda con altri un pre-lancio sul web.
In genere diffido dei guru, e questo Casaleggio con i suoi capelli da foresta nere e le predizioni sul nuovo mondo incantato di nome Gaia suggeriscono in me un surplus di allerta. Il linguaggio di Grillo è spesso inutilmente offensivo. I fatti raccontano meglio delle male parole ogni cosa. E gli eletti del movimento, presenti e futuri, devo giudicarli da quel che fanno (o non fanno). Per esempio: ancora non ho capito se il sindaco di Parma è bravo o no, capace o meno, illuminato o cieco. Se dovessi consigliare raccomanderei prudenza prima di esultare. Detto tutto ciò, e premesso che molto altro dimentico, mi sembra davvero incredibile che questo movimento, composto da gente che cerca di impegnarsi, e si sbatte, per dare forma e corpo a una partecipazione attiva, cosciente, determinata, sia – per decreto – trasferita nel mondo degli sporchi, degli arrivisti, dei cattivi. Gli uni e gli altri uguali sono.
Questa indecente mistica dell’uguaglianza emana l’odore acre della truffa lessicale. Ribaltare la partita truccandola invece di giocarla, nascondere la propria incapacità e a volte le proprie nefandezze illustrando come vere le altrui presunte.
Grillo non sarà simpatico, ma ha dato un senso alla democrazia e una risposta decente a chi non ce la fa più a deglutire bocconi amari. E’ colpa di Grillo se il panorama politico è così tanto sconfortante?
E’ colpa sua se il Parlamento è divenuto un ornamento e la democrazia convertita in un dessert da gustare a fine pasto, ammesso che qualcosa in tavola ci sia rimasta ancora dopo la grande abbuffata?