GIUSEPPE NAPOLI
Dimenticato dal mondo nel cunicolo dell’indifferenza. Vomitato dalla normalità di una sepoltura. E dal pianto di un parente. Nessuno l’ha visto. Nessuno s’è preoccupato di lui. Nessuno ha sentito il putrido odore della morte. Nessuno l’ha cercato, a parte la famiglia. Nomen omen. All’anagrafe dei diseredati, il povero cristo ritrovato, per caso, negli scantinati bui e fetidi dell’ospedale di Salerno sta alla “enne”: Nessuno.
Una storia raccapricciante, che si alimenta di lacrime e marciume. Fatta a brandelli come il suo corpo. Una storia aberrante. Di pietas umana. Per provare, se si può, ad attenuare l’orrore di questa morte e il dolore della famiglia. All’inizio è un macabro gioco alla roulette. E’ un extracomunitario. No, è un italiano. Come se la razza negletta dello straniero fosse il distinguo sine qua non di una comoda giustificazione. Si scopre, alla fine, che quel cadavere raggomitolato come una larva, è un ex paziente ricoverato nei primi di settembre al reparto Malattie Infettive dell’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno. Il database dell’azienda ospedaliera stringe ulteriormente il cerchio. E’ un ex tossicodipendente di 40 anni. Il fratello ne aveva denunciato la scomparsa. Si copre che il famigerato signor Nessuno è tal Renato Ingenito di Angri. Rimasto lì, nel cunicolo-deposito di medicina nucleare per almeno due mesi. Chissà, forse ha chiesto aiuto. Forse ha cercato la luce dell’uscita. Forse avrà pensato: qualcuno, prima o poi, si accorgerà di me. Forse avrà persino avuto un rantolo di rassegnazione prima di guardare la morte in faccia e stringerle la mano. Ma al destino i “forse” bastano a malapena per cucire un brandello di vita.
«Al dolore per una fine così oscura e carica di interrogativi assicurerò il mio interessamento ed ho già chiesto l’intervento della Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale e dei Nas – ha dichiarato il vice presidente del Copasir Giuseppe Esposito – E’ una storia che lascia esterrefatti in quanto un ospedale deve essere tra i luoghi più sicuri per un cittadino che vi entra da paziente. Le famiglie devono potersi sentire tranquille nel ricoverare un proprio caro, penso ad un bambino, un anziano, un malato di Alzheimer, sapendo che riceverà non solo tutte le cure del caso necessarie al quadro clinico esposto ma anche le dovute attenzioni su tutta la durata della permanenza ospedaliera, e tra queste, la vigilanza. Sembra inverosimile che un giovane che versasse in condizioni di salute critiche, come dichiarato da un familiare, potesse avere avuto la forza di fare un tragitto di un chilometro in linea d’aria senza che nessuno lo notasse in pigiama o, peggio, che possa essere rimasto abbandonato a sé stesso dopo la morte in un cunicolo allagato e per giunta con carcasse di animali: chiederò spiegazioni ai manager dell’ospedale. Mi aspetto chiarimenti – ha ribadito Esposito – e che si possa arrivare anche a dei provvedimenti esemplari perché nessun essere umano possa morire in futuro come è morto Renato Ingenito».
Sarebbe bastato cercare. Ma nessuno l’ha fatto. Esattamente come sarebbe bastato che qualcuno -tra medici, infermieri, dipendenti, sindacalisti- avesse espresso il cordoglio del post mortem. Una sorta di requiem. Un mea culpa. Quantomeno per salvare la faccia. Nessuno l’ha fatto. E i sindacati? Dove sono andati a finire i peones dei diritti inalienabili della sanità ospedaliera? Da parte loro, gli organi d’informazione non hanno ricevuto nemmeno un rigo. Una scarna nota. Un gesto verosimilmente umano. E nemmeno uno straccio di denuncia capace di mettere a nudo la surreale indifferenza di medici e personale paramedico dell’azienda ospedaliera salernitana. E’ mai possibile che nell’arco di due mesi in quel cunicolo nessuno ci sia mai passato nemmeno di striscio? Che a nessuno sia venuto in mente di guardare anche lì? Ammesso e non concesso che qualcuno si sia ricordato del signor Nessuno. Se qualcuno non l’avesse ben inteso, anche questa è malasanità. Anche l’indifferenza, l’insano piattume verso la vita altrui è malasanità. Una diversa declinazione dell’hippocratica missione in camice bianco. Ma pur sempre malasanità.