C’è da ridere. O forse da piangere. Solo tre giorni fa il comune di Messina ha reso noto alcune sue priorità. Per esempio, poltiche sociali e della famiglia: 588mila euro per una crociera (8 giorni 7 notti) nel Mediterraneo per seicento persone tra disabili, anziani e minori. Tutto si può fare. Anche in una città, per restare al tema, dove ci sono due asili nido a fronte dei diciotto programmati, dove la povertà e il disagio sono segni collettivi della disperazione, la gerarchia dei bisogni è capovolta. La crociera, innanzitutto. Poi il resto.
A Messina non mancano però i piani. Non c’è tema di vita civile che non sia stato approfondito da un piano d’intervento. E infatti Messina sa da tempo che si allaga appena piove. E da tempo patisce e studia. Undici principali torrenti la dividono e la intersecano, e a turno i torrenti uccidono le persone.
Breve cronistoria delle ultime alluvioni. Solo per restare agli anni recenti e non allungare troppo la lista.
1998, fine settembre-inizi ottobre: esonda il torrente Annunziata, zona nord. Cinque morti. L’intera famiglia Carità inghiottita dalla melma. Il corpo di un giovane cingalese, tirato dentro l’acqua dalla furia della natura, ritrovato giorni dopo a Taormina.
In quell’anno il comune di Messina, città ad altissimo rischio di dissesto idrogeologico, non aveva nel suo autoparco nemmeno una vettura adibita a primo soccorso di Protezione civile. Per dire. Nel 2001 – altro inutile alluvione – le telecamere di Vip tv, televisione corsara della città, andarono a registrare il luogo in cui alcune famiglie rumene si erano sistemate. Avevano edificato nel greto del torrente Zafferia. Lì erano, lì sono rimaste. Passa qualche mese e a Giampilieri, il luogo della morte di ieri, un forte temporale provoca smottamento e frane: una donna, alla guida della sua auto, la vittima innocente. Poi il bis nel 2007, sempre a Giampilieri.
Città esposta, rischio conosciuto, studiato, approfondito. Nel 2003 l’allore prefetto Giosuè Marino predispose il piano di primo soccorso e di evacuazione, individuò i punti deboli, le aree a rischio, le zone da salvaguardare. Passò le carte a chi di dovere: comune e provincia. Carte erano e carte sono rimaste. Di chi è la colpa?
Il commento che ne ha appena dato la Cisl è il seguente: “C’è un mix abominevole, incivile e continuato di abusi e speculazioni, cementificazione selvaggia, assenza di controlli e facili autorizzazioni”.
A Messina sono state censite 3200 baracche, quasi diecimila sono le persone che vivono nella più assoluta anarchia urbanistica e troppe volte senza i servizi minimi, essenziali. Ultima campagna elettorale, dichiarazione dell’allora candidato oggi sindaco della città: «Le baracche. Anche noi abbiamo le nostre colpe ma adesso dobbiamo andare fino in fondo per risolvere la questione. I fondi previsti per le città terremotate, per esempio, per Messina non sono mai stati utilizzati». Era il 4 giugno del 2008. Qualcosa si è mosso?
L’Istituto nazionale di geofisica e sismologia ha consegnato un poderoso volume nel quale sono trascritti gli indici di vulnerabilità dei principali edifici pubblici della città. Messina è anche purtroppo ad alto rischio sismico. La scossa possibile raderebbe uno a uno quei palazzi. La città ha conosciuto un terribile terremoto agli inizi del secolo scorso: sa cosa significa, ma, anche qui è il caso di dire, non ama pensarci.
(da Repubblica.it)