Bisognava celebrare il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia. Con la solennità dovuta. Ma sobriamente. Nel solco di questo ossimoro la coda dei funzionari addetti alle cerimonie, dei dirigenti chiamati a monitorare le spese, gli appalti decisi, i fondi già stanziati (opere per circa 262 milioni di euro), è andata allungandosi e poi restringendosi. Poi ancora stiracchiamndosi verso l’alto. Anche i garanti, coloro che devono dare il timbro culturale ai vari appuntamenti che da qui al 2011 raccoglieranno la memoria collettiva, la radice comune, il segno dell’identità nazionale, hanno preso quota in corso d’opera. E vari comitati sono sorti, e strutture operative o di solo supporto tecnico. E poi commissioni di verifica, di ottimizzazione e di “garanzia”. Un po’ di tutto, si potrebbe dire. E di più. Il rospo si è gonfiato al punto da convincere il governo a decidere una cura dimagrante. Meno opere, meno celebrazioni edilizie dell’unità d’Italia.
Nell’attesa di verificarne i propositi, illustriamo l’ampia catena di comando e di controllo.
Quasi tutti i ministri del governo sono coinvolti in un comitato interministeriale che ha deliberato il piano degli interventi infrastrutturali. Soprattutto musei. Nove grandi opere in nove città italiane. Al nord Venezia, Firenze, Torino, Novara e Imperia. Al centro Perugia. Al sud Reggio Calabria, Iasernia e Napoli. Il nuovo palazzo del Cinema in Laguna (61 milioni di euro), il restauro del San Carlo sotto il Vesuvio (costerà quasi 49 milioni), il nuovo aeroporto in Umbria. Internazionale: 21 milioni. Un bellissimo auditorium ad Isernia, grande e piuttosto accogliente: c’è stato bisogno di 17 milioni di euro. Il rifacimento del museo archeologico di Reggio Calabria (undici milioni); il Parco della Musica a Firenze (quasi settanta milioni), il nuovo parco Dora a Torino (18 milioni circa), il restauro del complesso del Broletto di Novara (5 milioni e 600 mila euro). Due parcheggi e un altro parco infine a Imperia (oltre nove i milioni necessari). La legge che finanziava le opere stabiliva di scegliere città “di preminente rilievo per il processo di unità della Nazione”. Infatti: Isernia. Fuori Roma, Trieste, Reggio Emilia, Milano. E comunque: opere, Costo totale, al netto del ribasso d’asta: 262 milioni di euro circa.
Ai garanti, presieduti da Carlo Azeglio Ciampi, è invece affidato il compito di dare un segno culturale, promuovere e aggiornare la memoria, il senso comune verso la Patria, tenere vivo il tricolore.
Silvio Berlusconi ha raccolto le indicazioni del predecessore, Romano Prodi, e ha messo al lavoro diciotto garanti. Poi però il premier ha optato per l’allargamento del tavolo. Il 16 gennaio scorso ha firmato il provvedimento con cui altre tredici personalità sono state immesse nelle funzioni. E così siamo giunti a quota 31.
Comitato ai primi passi della sua brevissima vita, ma già dentro le polemiche di fuoco leghiste sui nuovi sprechi. Celebrazioni costose? Il capo dello Stato ha raccomandato sobrietà: non opere milionarie, niente esibizione muscolare. Segni visivi e simbolici dell’unità. Invito chiaro e piuttosto ultimativo: con l’aria che tira meno soldi si spendono, meglio è.
Il 19 maggio scorso con ordinanza 3772, tutta dedicata al terremoto dell’Abruzzo, il premier aveva già adeguato al clima di rigore il suo passo. Sfoltito con le forbici l’organico della “Struttura di Missione”, gruppo di lavoro e di monitoraggio, riclassificato come unità tecnica, delle grandi opere che devono essere completate entro il 2011. I componenti erano 39 e sono passati a 20. Meno spese, più sobrietà. Giusto.
Nello stesso giorno, seguendo l’andamento questa volta espansivo di una fisarmonica, il presidente però ha pensato a un quarto comitato da insediare. Anzi a una commissione di super esperti, super burocrati. Commissione “di garanzia per l’ottimizzazione dei rapporti tra il comitato per le celebrazioni, il comitato dei garanti e la struttura tecnica di missione”. Un comitato, il quarto, dovrà far funzionare i primi tre. Ottimizzazione, l’hanno chiamata. L’ultima commissione ha avuto bisogno di un ufficio e di qualcuno che tenesse il conto delle cose da fare, delle garanzie da prestare. Perciò un alto dirigente è stato all’uopo designato. E però, e in ultimo, ci si è accorti che la cura dimagrante imposta all’Unità tecnica di missione era stata troppo severa. E qui, di nuovo la fisarmonica: con ordinanza del 17 giugno scorso altri cinque funzionari sono stati mandati in soccorso.