Il papocchio abruzzese nasce dalla necessità di mostrare al Paese e al mondo qualcosa di unico, straordinario. Mai fatto e mai visto prima. Silvio Berlusconi si è fatto portare per mano da Guido Bertolaso alla ricerca del colpo magistrale, di una gestione dell’emergenza e della ricostruzione che non avesse pari, per celerità di scelte e offerta di soluzioni logistiche innovative.
Per raggiungere questo obiettivo si è scelto di consentire che il capo della Protezione civile ottenesse poteri oltre ogni ragionevole soglia, gestisse l’emergenza e la ricostruzione, con potestà di integrare alla bisogna la legislazione ordinaria e ogni altro potere discendente: dal caffè da bere al mattino nelle tendopoli (quanto e come) alle case da rifare, quante e come, alle aziende da sostenere, chi e perchè.
Avendo statuito il principio del nuovo e dell’incomparato, è iniziata l’avventura.
Primo: no a roulottopoli e prefabbricati leggeri.
Dalle tende direttamente alle case.
Operazione mai prima d’ora sperimentata. Le tende finora erano servite alla prima assistenza. Troppo poco difendibili dalle condizioni climatiche; troppo rischiose dal punto di vista sanitario.
La gestione delle tendopoli è divenuta presto una questione di pubblica sicurezza. Poliziotti dappertutto e divieti dappertutto. Ci si è accorti che faceva freddo (maggio 2009) e sono state installate le stufe. Poi però ci si è accorti che il sole picchiava e si sono acquistati i condizionatori.
I costi di gestione risultano enormemente lievitati.
Le Case a lunga permanenza.
Berlusconi aveva promesso le prime case per il 29 settembre, giorno del suo compleanno (dichiarazione a Porta a porta, aprile 2009). Il clima dell’Aquila, già freddo in quel periodo, ha fatto anticipare la consegna al 15 settembre (dichiarazione del maggio 2009). Quante saranno? Sembra tecnicamente impossibile, a considerare il piano di produzione, che l’offerta degli alloggi possa divenire concreta prima di novembre/dicembre. Il costo sociale di una così lunga permanenza nelle tende non è stato valutato né preventivato.
Il fabbisogno finanziario ballerino
Ad aprile il fabbisogno finanziario appariva stimato in sette miliardi, sette miliardi e mezzo di euro. E infatti i senatori hanno dibattuto la legge avendo una cornice di necessità economiche che si attestava su questa cifra. Poi pian piano la cifra è salita: 8,2; 8,5; 9 miliardi. Alla Camera i deputati, dibattendo la stessa legge, si sono ritrovati dinanzi alla vetta dei dieci miliardi di euro.
Un miliardo e mezzo di euro soltanto per finanziare
l’intero ciclo dell’emergenza.
Il decreto “aperto”
Si è deciso, contrariamente a tutta la legislazione precedente, di lasciare la legge di ricostruzione “aperta” a miglioramenti. Ogni svista, ulteriore necessità, previsione sbagliata, verranno sanate da ordinanze ad hoc della Protezione civile.
A prima vista appare una via ragionevole per apportare integrazioni. In realtà è l’ammissione che si procede per accomodamenti successivi, senza un’idea compiuta e definitiva dei bisogni e soprattutto senza un quadro finanziario stabilizzato.
I soldi ci sono.
“I soldi ci sono, difficile è spenderli” ha detto il presidente della Commissione Ambiente della Camera Tortoli.
I soldi ci sono?
Vediamo. il cash che la tesoreria del ministero dell’Economia ha oggi disponibile è rappresentato dai fondi Fas. In cassa ci sarebbero pronti due miliardi di euro. La cifra come un’onda si innalza: potrebbero divenire quattro. Sapendo però che ogni euro che viene dirottato all’Abruzzo è tolto alle regioni cui dovrebbe essere destinato. Cento case a L’Aquila? Un ponte in meno a Vibo Valentia. Fosse l’unico problema! Perché se l’emergenza costa così tanto da azzerare quasi la cassa disponibile, come si affronterà, tolti i 493 milioni di euro dell’Europa, la ricostruzione vera e propria?
Le altre fonti. 150 milioni di euro per l’anno 2010 e 200 milioni di euro per il 2011 riducendo il corrispondente fondo, istituito nel 2008, per il reintegro dei programmi di spesa. 380 milioni di euro bisognerà trovarli riducendo la spesa sanitaria. Il resto, e che resto!, attingendo alle lotterie, a nuovi giochi d’azzardo, al di più ricavato dalle tabaccherie con l’apertiura domenicale, all’immancabile lotta all’evasione fiscale.
I soldi non ci sono.
Berlusconi si è rifiutato di imporre una tassa di scopo e ha chiesto a Tremonti di ricavare il necessario dalle pieghe della contabilità generale dello Stato.
Tutto si può fare ma ha un prezzo. Intanto alla celerità promessa della ricostruzione corrisponde una tempistica che supera ogni primato. La durata preventivata dell’opera è fissata in 23 anni: da oggi fino al 2032.
Se i soldi fossero stati in cassa non avremmo assistito a un rosario di versioni differenti da aprile ad oggi.
Chi paga la ricostruzione della prima casa?
Prima versione (aprile): il 33 per cento di 150mila euro direttamente dallo Stato. Il resto con mutui agevolati e credito d’imposta
Seconda versione (maggio): 150 mila euro, e comunque il cento per cento del costo della prima casa, direttamente dallo Stato.
Ultima versione: per gli immobili di particolare pregio la ricostruzione sarà finanziata “tenuto conto della situazione economica del proprietario”.
La seconda casa
Prima versione (aprile): contributo fino a 80mila euro compensabile con il credito di imposta, per i proprietari di seconde case residenti nei comuni dove l’abitazione è andata distrutta. Ai non residenti nessuna provvidenza è concessa.
Seconda versione (maggio):
Ricostruzione delle seconde case nei centri storici per residenti e non residenti al 100 per cento.
Promessa di Berlusconi ai sindaci e telefonata in diretta a Tremonti: “Giulio fallo per me…”.
Terza versione: sparisce nel decreto legge l’impegno del premier. Il valore massimo finanziabile è fissato in 80 mila euro attraverso la compensazione con i debiti fiscali (credito d’imposta)
Quarta versione: un comunicato stampa di palazzo Chigi assicura che la ricostruzione delle seconde case verrà finanziata. Non fissa il quantum, né le modalità di erogazione e l’impegno continua a non essere previsto nella legge.
Esenzione dell’Iva
Prima versione: promessa su base pluriennale
Seconda versione: limitata solo al 2009.
I contributi per l’autonoma sistemazione.
Prima versione:
Pari a cento euro a componente, per un massimo di 400 euro. E’ la somma che lo Stato avrebbe messo a disposizione di chiunque avesse provveduto da sé all’affitto di un alloggio temporaneo.
Seconda versione:
Potranno accedere al contributo solo coloro che dichiarino di non avere nessuna casa intestata su tutto il territorio abruzzese. Possedere un’abitazione a 200 chilometri di distanza dall’Aquila, luogo di residenza e di lavoro, preclude comunque l’utilizzo del benefit.
Assegnazione degli alloggi
Prima versione: case a tutti i senzatetto.
Seconda versione:
Con ordinanza 3769 del 28 aprile 2009 si stabilisce
che non è ammessa a usufruire dell’alloggio quella famiglia i cui componenti abbiano “la disponibilità” di un’altra soluzione abitativa nel territorio abruzzese. Anche qui si prescinde dalla distanza che separa la famiglia di senzatetto residente in un comune colpito dal centro in cui si ha disponibilità dell’abitazione abitativa.
Promessa e revoca dei benefici fiscali
Prima versione: benefici fiscali a tutti gli abitanti della provincia dell’Aquila.
Seconda versione: con ordinanza n. 3780 del 6 giugno 2009 è stato revocato il beneficio a tutti coloro che abbiano domicilio fiscale o sede operativa in un comune diverso da quello del cosiddetto cratere. Non solo. E’ fatto obbligo di versare, entro il prossimo 16 luglio, anche gli arretrati non pagati nel periodo di sospensione. A tutti gli altri adempimenti in scadenza bisognerà provvedere entro il 30 settembre.
Esenzione del pagamento del pedaggio autostradale (art. 8, lettera f decreto legge 39)
Prima versione: dichiarazione di risiedere in uno dei comuni terremotati al momento del passaggio al casello.
Seconda versione:
Esenzione è ridotta a un unico tratto autostradale
1 Comment
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mi sembra molto lineare! cosa c’è di strano?