Fermiamoci a questo dettaglio, un frame della sequenza barbarica dell’assassinio di Luigi Tommasino, consigliere comunale di Castellammare di Stabia.
Il dettaglio: l’uomo faceva politica senza sapere perché e per come. Il dirigente del Pd – avesse potuto – avrebbe votato Berlusconi.
Del suo impegno pubblico non c’è alcuna traccia.
I cronisti non ricordano un suo intervento, una parola, una presa di posizione. Non ricordano un interesse, una passione pubblica, qualcosa che legasse l’uomo all’ufficio.
E infatti non c’era nessuna relazione. Solo il fatto, rilevantissimo, di essere fratello di un ex assessore all’urbanistica lo ha condotto in consiglio comunale e anche alla guida del partito della Margherita in città.
Castellammare è una popolosa e difficile città del sud. Ricca di sogni e di morti ammazzati.
La politica l’ha ridotta a un brandello di carne, piallata dall’indifferenza e dall’incuria.
Lo spirito pubblico era custodito da persone come Tommasino, inabili al pensiero, invalidi nell’esercizio delle funzioni.
Luigi stava lì in nome e per conto.
Mediocre senza colpa, dirigente senza giudizio, amministratore senza idee.
Morto ammazzato, come la sua città.
Il re illusionista
CARLO TECCE
Versione indifferente. Quel telefonino è così tecnologico che mi fa eccitare, quella tronista è così maliarda che mi fa eccitare di più e quel giornaletto degli scandali, pieno di foto sgranate e mezzibusti, è così interessante che merita una Eccitazione con la maiuscola.
Versione snob. Quel ristorante è così accogliente che sembra casa, quel teatro è così pulito che sembra fresco di pulizia, di quella donna rumena che ha appena pulito da me; e quella donna ha un soprabito così elegante che sembra la Fracci.
Versione militante né snob né indifferente. Quel Di Pietro è così comico che sembra Grillo, quel Grillo è così comiziante che sembra un politico, e quel Veltroni, con l’ombrellone e la pancia, è così vero che sembra finto. Speriamo, sperate che Silvio Berlusconi e la sua corte si rivolgano a una delle tre categoria, forse tanto capienti da contenerci tutti. Speriamo, sperate che siamo in una fase di passaggio, che non è vero, che è una finzione (fiction), una delle moltitudini trasmesse in tv. Qualcosa che, direbbe John Stuart Mill, fa sembrare maiali soddisfatti gli uomini scontenti. Succede con una giornata alla tv.
Sabato mattina sulla Rai c’è un programma che sia chiama “Settegiorni”, un armadio (disordinato) di parole di una testata giornalistica che si chiama Tg Parlamento. Continue reading