Le ronde dunque. Immaginiamoci innocenti ma seduti nel luogo sbagliato e nel posto sbagliato. Dentro un’automobile e a fari spenti. In un vicolo buio o uno slargo disabitato. Si avvicina un signore e ci squadra. “Chi è lei?”. A una ronda cosa si risponde? Anzitutto: si deve rispondere? Bisogna anche mostrare i documenti? O, silenti e imbarazzati, si smamma?
Forse la ronda non è titolata a domandare ma solo ad osservare. Se è buio farà luce con una torcia. Se c’è il sole prenderà gli estremi della targa della nostra auto. La ronda, se è gentile, si terrà a distanza di cortesia. Ma se, mettiamo, quel giorno la ronda è incazzata, ha avuto problemi sul lavoro o un litigio in famiglia. Se, magari, ha bevuto un bicchiere di troppo.
Se la ronda vuol rondare, che si fa?
La dittaturina della Bergamini
CARLO TECCE
Carcere per i giornalisti, da uno a tre anni dietro le sbarre. Meno intercettazioni, meno pubblicazioni. Multe per gli editori. E carcere, car-ce-re per i giornalisti: accolto l’emendamento della deputata Pdl Deborah Bergamini, divieto di pubblicare telefonate non incluse negli atti dell’inchiesta. Chi è costei? Era, meglio: ex assistente (categoria ampia quanto i minatori, gli operai e i lavoratori usuranti) di Silvio Berlusconi, responsabile marketing strategico della Rai e, in alcuni imbarazzanti colloqui, penalmente irrilevanti, moralmente essenziali, non sembrava tanto interessata al “marketing strategico della Rai”, piuttosto alla politica, alla sua parte politica. Sono trascrizioni del 2 aprile 2005, il giorno della morte di papa Giovanni Paolo II, a poche ore dalle elezioni amministrative. Scrivono gli inquirenti: il 2 aprile, intorno a mezzogiorno, una donna contatta la Bergamini. «Le due si lamentano di una persona alla quale non riescono a spiegare che bisogna dare un senso di normalità alla gente al di là della morte del papa per evitare forte astensionismo alle elezioni. Il telefono della chiamante è intestato alla Rai». Lo stesso giorno, alle 14.31, un non meglio identificato Silvio per Deborah: «Le dice che domani sarà a Roma per votare. Deborah gli spiega i propri impegni. L’uomo dice di avere paura per le elezioni e del probabile forte astensionismo dei cattolici. Deborah lo informa che Ciampi ha preparato un messaggio da mandare in onda al reti unificate.Continue reading
Mediocri
Le grandi personalità dirigono i mediocri e ne partecipano necessariamente certi pregiudizi pratici che non sono di danno alle loro opere.
Quaderni del Carcere
(Gli intellettuali e l’organizzazione della cultura – Nazionalismo e particolarismo)
Al collocamento dei casting
MANUELA CAVALIERI
“Nel ’94 avevo vent’anni e, passeggiando a Bellagio,
i ragazzi mi fischiavano dietro chiamandomi Moana: le somigliavo.
Ricordo lo spessore, la personalità della diva.
Così, dopo aver visto i video su Sky mi sono detta: concorro anch’io.
L’idea di svestirmi? L’ho già fatto in un dossier per l’anoressia,
e tre anni fa ho fatto un provino per il Grande Fratello. A chi non piace essere guardata?”.
Katy, 35 anni, estetista
“Nessun dubbio. E non ho chiesto consigli ai miei genitori.
Ho scelto di fare Moana perché mi incuriosiva.
A suo modo lei resta un personaggio rivoluzionario!”.
Violante, 33 anni, attrice
L’hanno cercata per mari e per monti. Ma alla fine l’hanno trovata. È lei, Violante Placido, figlia bionda e sorridente dell’attore e regista Michele Placido e dell’attrice Simonetta Stefanelli. La scorsa estate Sky lanciò l’accorato appello: AAA cercasi Moana. Campionario variegato davvero: platinate, rosse fiammanti, more, bellissime, bruttine, teenager, mature, maggiorate, piatte. Tutte in fila a prenotare un biglietto alla lotteria della celebrità. Questa volta, però, non un provino tradizionale, ma la sua postmoderna evoluzione: il video-casting in rete. Un minuto per ognuna. Autointerviste, striptease, poesie e monologhi. Un solo “posto”, cinquemila domande. Un po’ come per i concorsi statali: successo travolgente. Alla fine l’ha spuntata Violante Placido, cognome importante e copertina di Playboy nel curriculum. Trovata l’erede di Moana Pozzi, le riprese per la fiction inizieranno il prossimo aprile. E le altre? Francesca, Irina, Lolly, Anna e Caterina hanno vinto lo stesso: i filmati amatoriali sono visualizzabili online. Non diventeranno ricche e famose come Moana e Violante, ma avranno i loro sessanta secondi di pseudo notorietà. Quelli non si negano a nessuno.
“Vi racconto chi mi ha ammazzato”
SERENELLA MATTERA
No other profession calls on its practitioners to lay down their lives for their art save the armed forces and, in Sri Lanka, journalism. (Nessun altro mestiere chiede a chi lo svolge di mettere in gioco la propria vita tranne le forze armate e, in Sri Lanka, il giornalismo).
Lasantha Wickramatunga era il direttore del “Sunday Leader”, che è riconosciuto come il principale quotidiano indipendente dello Sri Lanka. In Sri Lanka è in corso da anni una guerra civile, tra il governo e le Tigri Tamil. Lasantha Wickramatunga, in questa guerra, faceva il suo mestiere da giornalista. E non si tirava indietro quando si trattava di denunciare gli abusi del governo, tanto quanto quelli dei ribelli. L’8 gennaio 2009 Lasantha Wickramatunga è stato assassinato. Come già altri colleghi, prima di lui.
It is well known that I was on two occasions brutally assaulted, while on another my house was sprayed with machine-gun fire. In all these cases, I have reason to believe the attacks were inspired by the government. When finally I am killed, it will be the government that kills me. (…sono già stato brutalmente attaccato…ho ragione di credere che gli attacchi erano guidati dal governo. Quando alla fine sarò ammazzato, sarà stato il governo ad uccidermi).
La sua morte, il giornalista singalese l’ha predetta. In un articolo scritto poco prima di essere assassinato e pubblicato postumo. Un atto di denuncia nei confronti di un governo che tiene “sotto attacco” la stampa indipendente e “cerca di controllare gli organi di libertà”.
“Oggi sono i giornalisti, domani saranno i giudici” ha messo in guardia Wickramatunga. Lui non ha tentato di salvarsi e non si è salvato. Ma la sua storia e il suo ultimo articolo, inciso dalla Bbc in un file audio, stanno facendo il giro della Rete e del mondo.
Il dettaglio
Fermiamoci a questo dettaglio, un frame della sequenza barbarica dell’assassinio di Luigi Tommasino, consigliere comunale di Castellammare di Stabia.
Il dettaglio: l’uomo faceva politica senza sapere perché e per come. Il dirigente del Pd – avesse potuto – avrebbe votato Berlusconi.
Del suo impegno pubblico non c’è alcuna traccia.
I cronisti non ricordano un suo intervento, una parola, una presa di posizione. Non ricordano un interesse, una passione pubblica, qualcosa che legasse l’uomo all’ufficio.
E infatti non c’era nessuna relazione. Solo il fatto, rilevantissimo, di essere fratello di un ex assessore all’urbanistica lo ha condotto in consiglio comunale e anche alla guida del partito della Margherita in città.
Castellammare è una popolosa e difficile città del sud. Ricca di sogni e di morti ammazzati.
La politica l’ha ridotta a un brandello di carne, piallata dall’indifferenza e dall’incuria.
Lo spirito pubblico era custodito da persone come Tommasino, inabili al pensiero, invalidi nell’esercizio delle funzioni.
Luigi stava lì in nome e per conto.
Mediocre senza colpa, dirigente senza giudizio, amministratore senza idee.
Morto ammazzato, come la sua città.
Il re illusionista
CARLO TECCE
Versione indifferente. Quel telefonino è così tecnologico che mi fa eccitare, quella tronista è così maliarda che mi fa eccitare di più e quel giornaletto degli scandali, pieno di foto sgranate e mezzibusti, è così interessante che merita una Eccitazione con la maiuscola.
Versione snob. Quel ristorante è così accogliente che sembra casa, quel teatro è così pulito che sembra fresco di pulizia, di quella donna rumena che ha appena pulito da me; e quella donna ha un soprabito così elegante che sembra la Fracci.
Versione militante né snob né indifferente. Quel Di Pietro è così comico che sembra Grillo, quel Grillo è così comiziante che sembra un politico, e quel Veltroni, con l’ombrellone e la pancia, è così vero che sembra finto. Speriamo, sperate che Silvio Berlusconi e la sua corte si rivolgano a una delle tre categoria, forse tanto capienti da contenerci tutti. Speriamo, sperate che siamo in una fase di passaggio, che non è vero, che è una finzione (fiction), una delle moltitudini trasmesse in tv. Qualcosa che, direbbe John Stuart Mill, fa sembrare maiali soddisfatti gli uomini scontenti. Succede con una giornata alla tv.
Sabato mattina sulla Rai c’è un programma che sia chiama “Settegiorni”, un armadio (disordinato) di parole di una testata giornalistica che si chiama Tg Parlamento. Continue reading