MARCO MORELLO
È una banca che non è stata nemmeno sfiorata dai venti della grande crisi. Anzi, anno dopo anno ha aumentato i correntisti e gli sportelli, 23 nella sola capitale, distribuendo assegni a oltre 8mila romani. Dipenderà dal fatto che come moneta non usa gli euro ma le ore, sarà perché come obiettivo non ha il profitto ma lo scambio di favori e servizi.
Stiamo parlando della «Banca del tempo», un istituto di credito parecchio sui generis aperto a Roma nel 1996. Che oggi funziona a pieno regime e in maniera gratuita per i cittadini, le associazioni, gli enti privati o chiunque desideri entrarne a far parte. Di più: solo nel 2007 ha reso possibili oltre 88mila ore di prestazioni, facendo risparmiare al Comune una cifra stimabile in un milione di euro.
Il meccanismo che la governa è semplice: basta recarsi in una delle sue sedi, presenti nella maggior parte dei municipi, sostenere un breve colloquio e compilare una scheda in cui si indicano le proprie competenze e di che cosa, orientativamente, si avrebbe bisogno. A quel punto si riceve un carnet e, da subito, si entra in una rete di relazioni ben consolidata, che permette a domanda e offerta di incontrarsi con estrema facilità. Serve una mano esperta che stiri una camicia o faccia un orlo al nostro posto? Nessun problema. Vogliamo imparare a cucinare o a eliminare quel fastidioso virus che rallenta il nostro computer? Basta chiedere agli operatori, troveranno qualcuno ben felice di aiutarci. Alla fine staccheremo un assegno in cui è indicata la durata del servizio ricevuto e, per saldare il debito, restituiremo la cortesia quando ci sarà richiesto, impegni permettendo. Come? Magari effettuando piccole riparazioni in casa, visto che è il nostro hobby da una vita, o tenendo un’ora di conversazione in inglese, perché è una lingua che conosciamo bene. Niente di impossibile, non dimentichiamoci che siamo stati noi a comunicare al momento dell’iscrizione come vogliamo renderci utili.
«Diamo una mano a quelle persone che correndo tutto il giorno non hanno tempo per gestire le incombenze della vita quotidiana o che semplicemente hanno bisogno di compagnia», spiega Maria Luisa Petrucci, presidente nazionale della Banca del tempo. Che dell’iniziativa enfatizza innanzitutto la capacità di superare la solitudine e creare rapporti interpersonali, basati sulla voglia di stare insieme e non solo sulla mera convenienza. «Certo, a Roma è stato più difficile – ammette – perché nei piccoli centri la tendenza a fidarsi è maggiore, d’altronde lì ci si conosce più o meno tutti. Ma il bilancio è positivo, possiamo dire di avere vinto la nostra sfida».
Sono tante le belle storie che la presidente si sofferma a raccontare: quella del professore di matematica in pensione, che ha finalmente potuto mettere a frutto il suo passatempo preferito, quello di riparare le serrande. O delle amicizie nate lungo la strada, come quelle del gruppo che va a teatro prendendo la macchina a turno o degli universitari che si sono inventati un corso di tango argentino. «Ma la nostra vera forza – conclude la Petrucci – è che molti anziani, pensionati o disoccupati si sono sentiti di nuovo utili, hanno lasciato la solitudine alle spalle». Iniziando a ricevere assegni che magari una banca tradizionale non accetterà mai, ma che valgono di più.