Un lettore mi ha scritto: e io che navigo fra il cinque il sei cosa dovrei fare, spararmi?
Capisco che il tema della mediocrità e del suo opposto (il talento) venga confuso con gli estremi della scala: il mediocre è un cretino, o giù di lì; il talentuoso è un cervellone, o giù di lì.
L’esemplificazione, sbagliata, nega la radice della denuncia contenuta nel libro: la mediocrità, come io la intendo e come si vede espandersi, si sviluppa nella più assoluta irresponsabilità, nella dimenticanza del minimo senso del bene comune. Ho scritto, e qui ripeto, che il mediocre non è un fesso. E’ colui che all’inazione dà un valore positivo; all’incompetenza offre una difesa e una tutela corporativa. Il mediocre è colui che non ha passione e non si applica ma vuole indicare, correggere, dirigere. Comandare. Il talentuoso (un bravo falegname, un bravo orafo, un bravo barista o un bravo fisico) unisce invece alla passione innata la fatica dell’applicazione costante. E dunque mi sembra ragionevole che quest’ultimo riceva più opportunità di lavoro e di successo. Non di meno.
Chi sbadiglia a scuola non necessariamente deve puntare al Cnr. Si può fermare al diploma, magari. Lui sarà comunque felice o soltanto soddisfatto per aver raggiunto con il minimo sforzo un risultato apprezzabile. E però avrà lasciato un posto libero al Cnr a colui/colei che ha più studiato, che ha mostrato energia creativa, passione. In una parola: talento.
Senza sentirsi offesi io direi: la questione è solo questa. Finisce qua.
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Credo sia giusto pensare che i mediocri debbanno avere una vita, come sia giusto pensare che i talentuosi non siano solo coloro che hanno un 110 e Lode. Il vero problema è dato proprio dai ruoli ricoperti dal mediocre. Il sottoscritto non ha in tasca un 110 e Lode, ma mi sono laureato in Scienze Politiche con 100 e per lavorare sono dovuto venire in Veneto a 1000 Km di casa (sono di Lecce). Questo perchè chi ha le giuste conoscenze o chi ha la possibilità di pagare per ricevere una spintarella, non lascia spazio a chi fa sacrifici per emergere. La mediocrità dilagante fa emigrare i giovani non solo se si fratturano un osso, ma anche per trovare lavoro.
Spero che Le sue denunce non si fermino mai.
Grazie.
Condivido questo dualismo psicologico-sociale tra il talentuoso e il mediocre.
un talentuoso, un creativo che fa della conoscenza, della ricerca, della curiosità, del desiderio di impresa, la sua scommessa e il suo progetto di vita, spesso si illude che questa sua unica ricchezza possa sopperire a quella economica e portarlo prima o poi, a una emancipazione sociale o almeno al successo professionale.
Per questo lavora il doppio del mediocre, che tende invece a ottenere il massimo con il minimo dello sforzo. Una volta (fino agli anni ’70), intellettuali, creativi, ricercatori, talentuosi di ogni settore, storicamente appartenevano (o potevano aspirare ad esserlo) alla borghesia in contrapposizione alla classe operaia. Sapere è potere, diceva don Milani.
Adesso non è più così.
Adesso intellettuali, laureati, artigiani, artisti, professionisti dei nuovi media, esperti e specializzati, talentuosi formano una nuova classe sociale: il proletariato del terziario avanzato. Una nuova classe trasversale.
E che con il proletariato novecentesco ha in comune non solo una situazione socialmente ed economicamente sempre più degradata precaria e senza speranza.
Invito infatti a una riflessione. L’impoverimento porta con se una conseguenza importante e molto concreta: l’alienazione, l’isolamneto, infine la negazione della stessa propria identità sotto la pressione del bisogno materiale.
E già, perché anche il talentuoso precario deve mangiare e per mantenersi in vita finisce per accettare lavori mediocri, sottopagati e inadeguati alla propria preparazione, lavori che lo costringono a lavorare 10-12 ore al giorno per raccattare il minimo per sopravvivere. Questo vuol dire partire la mattina e tornare a casa la sera tardi, buttare giù qualcosa e andare a letto sfiniti dalla stanchezza. E la stanchezza abbatte, ostacola la vita sociale (già compromessa dalle rinunce per motivi economici), intanto gli anni passano senza riuscire a costruire nulla, il cervello si fotte perché le energie vengono succhiate per pensare alla bieca sopravvivenza, finché sopraggiunge la rassegnazione e la morte di ogni progetto di vita di successo professionale.
Qualcuno si ricorda come Marx descrive l’alienazione del lavoro dell’operaio sfruttato? Il padrone si impossessa della vita del proletario, la stanchezza e il bisogno materiale vengono usati per neutralizzare ogni impeto di coscienza e di iniziativa personale….
Talento ha chi riesce a perseguire le proprie passioni. Mediocre è chi ambisce/occupa (pretende?) posizioni nella società che non rispecchiano la propria indole.
E allora tutti abbiamo passioni o almeno interessi (anche il dolce far nulla è un interesse forte in molti). Il talentuoso opterà per coltivare la sua passione (qualunque essa sia) perchè solo attraverso l’esercizio si sviluppa talento , il mediocre cercherà cercherà di fare del suo meglio (o forse no) si arrampicherà, cercherà in tutti i modi di mantere la sua posizione (i risultati no, quelli non contano).
Ingarbuglio forse, ma spero senza tediare. E’ ormai, direi, il Rito italiano: abbiamo mediocri di gran successo e fortune, di contrappasso mortifichiamo e sminuiamo i talentuosi. Qui al sud una volta si era attratti da “Milano capitale morale”, dal Rito milanese che assegnava valore a chi meritava. Qui al sud ora è inutile presentarsi al concorso se non appartieni.
Ora assistiamo ad Obama nero (1963 I have a dream)diventato presidente, da un paese governato da una 72nne che fa di tutto per apparire onnipotente (anche lui, ed a volte a costo di un coccolone).