Un lettore mi ha scritto: e io che navigo fra il cinque il sei cosa dovrei fare, spararmi?
Capisco che il tema della mediocrità e del suo opposto (il talento) venga confuso con gli estremi della scala: il mediocre è un cretino, o giù di lì; il talentuoso è un cervellone, o giù di lì.
L’esemplificazione, sbagliata, nega la radice della denuncia contenuta nel libro: la mediocrità, come io la intendo e come si vede espandersi, si sviluppa nella più assoluta irresponsabilità, nella dimenticanza del minimo senso del bene comune. Ho scritto, e qui ripeto, che il mediocre non è un fesso. E’ colui che all’inazione dà un valore positivo; all’incompetenza offre una difesa e una tutela corporativa. Il mediocre è colui che non ha passione e non si applica ma vuole indicare, correggere, dirigere. Comandare. Il talentuoso (un bravo falegname, un bravo orafo, un bravo barista o un bravo fisico) unisce invece alla passione innata la fatica dell’applicazione costante. E dunque mi sembra ragionevole che quest’ultimo riceva più opportunità di lavoro e di successo. Non di meno.
Chi sbadiglia a scuola non necessariamente deve puntare al Cnr. Si può fermare al diploma, magari. Lui sarà comunque felice o soltanto soddisfatto per aver raggiunto con il minimo sforzo un risultato apprezzabile. E però avrà lasciato un posto libero al Cnr a colui/colei che ha più studiato, che ha mostrato energia creativa, passione. In una parola: talento.
Senza sentirsi offesi io direi: la questione è solo questa. Finisce qua.