La casta bianca

cornagliaferrarisMANUELA CAVALIERI

Sono trascorsi dieci anni da “Camici e pigiami”. Paolo Cornaglia Ferraris (foto) segnalò le storture della sanità italiana: un organismo malato e corrotto. Scoppiò la bufera. Lo scandalo coinvolse medici e case farmaceutiche, ospedali e aziende sanitarie. Ma non solo. Il pediatra genovese a più riprese denunciò la deleteria prassi italiana dei concorsi universitari: in teoria aperti a tutti, nella consuetudine, invece, indetti ad hoc.
Un sistema marcio, che ignora il merito e costringe i talenti alla fuga.
Sono migliaia ogni anno i giovani ricercatori che rinunciano a lottare e fanno le valigie. Valigie piene di sogni e speranze, di bravura e ambizione. È il brain-drain. Un vero e proprio regalo che la nostra nazione fa ai centri di ricerca internazionali.
Penso al professor Antonio Iavarone, oncologo pediatra di fama internazionale, che sigla le sue scoperte scientifiche alla Columbia University di New York. Iavarone è stato costretto a lasciare l’Italia dopo aver denunciato un caso di nepotismo al Gemelli di Roma. Una storia emblematica, ma non un unicum. Purtoppo.
Cornaglia Ferraris, che attualmente si occupa di piccoli immigrati clandestini, torna con “La casta bianca”. Una nuova inchiesta che racconta il dramma dei camici: dalle truffe che coinvolgono le aziende ospedaliere alla corruttela del familismo amorale degli atenei. È l’azienda Italia, endemicamente corrotta e malata di merito.
Nulla, dunque, è cambiato in questo ultimo decennio. Stessi attori, identiche tragedie.

Crocevia di simpatia: come spiazzare il merito con una battuta

rampanteberlusconi

Un giovane Silvio Berlusconi, rampante imprenditore nel 1978, anno del suo tesseramento nella P2. (Foto Giuseppe Pino)

SABRINA PINDO

Il libero mercato si fonda sul libero scambio e sulla concorrenza.
Tecnicamente la sola invenzione del marchio (con nome e logo riconoscibili dai clienti) già distorce il mercato, portandolo da concorrenziale a mercato di monopoli settoriali. Per esempio: se uno vuole una Lambretta non può andare alla Piaggio e viceversa, ma se uno vuole del pane può andare a Tokio o a Eraclea mare e trova del pane la cui bontà dipende solo dalle capacità del panettiere.
Il libero scambio e la concorrenza – si sa – dovrebbero portare ad un miglioramento sociale collettivo.
Purtroppo però, anche in un meccanismo perfettamente concorrenziale, si trovano delle piccole storture. Le regole del mercato, ad esempio, non tengono conto dell’amicizia (disinteressata o meno): in un paniere di merci equivalenti o quasi, infatti, si sarà propensi a scegliere quella offerta dall’amico, penalizzando così chi magari è stato un poco più bravo a sviluppare il prodotto, ma che per mala sorte non rientra nelle amicizie del potenziale cliente.
Piccole grandi storture crescono.Continue reading

Veline, veline, veline

fotovelineSERENELLA MATTERA

Velina? What’s velina? Mestiere televisivo, fenomeno sociologico, epiteto offensivo? La parola all’esegeta.
Silvio Berlusconi (intervista a Lilli Gruber): “Il termine veline? È denigratorio, ha un sottinteso discriminatorio e un po’ razzista, e ben poco femminista, secondo il quale una bella ragazza dovrebbe essere necessariamente sciocca o incolta. (…) Mi pare si sopravvaluti la portata reale della questione, e nello stesso tempo, la si fraintenda. Le cosiddette veline sono ragazze che svolgono un compito molto meno facile di quello che si crede. Devono avere, oltre ad un bell’aspetto, anche talenti che spesso si sottovalutano”.
Silvio Berlusconi (in campagna elettorale): “Vedo qui tanti parlamentari che sperano di essere candidati. Voglio dire loro che non sono vere le cose che si leggono, non candideremo veline o soubrette”.

Diversamente opposizione

logopdCARLO TECCE

Opposizione. «Attività, azione di chi si oppone alla politica di un governo» (De Mauro Paravia).
Facciamola. 11 luglio 2008. «Festa del Pd, Prato: caldo infernale e l’attesa del leader del partito che lancia proprio da qui la raccolta di firme contro il governo che porterà dritto dritto alla manifestazione nazionale del 25 ottobre».
Facciamola, forse. 8 ottobre 2008. Walter Veltroni: «Certo se la situazione della crisi finanziaria precipitasse ulteriormente e ci si trovasse in una autentica emergenza… siamo tutte persone responsabili con la testa sulle spalle».
Facciamola, se proprio dovete. Rosy Bindi: «Penso che il Partito democratico possa serenamente fare la propria manifestazione, dichiarando, come abbiamo fatto in questi giorni, la nostra disponibilità al governo a fare la nostra parte per questa emergenza che ci sta attraversando».
Facciamola, diversamente. Francesco Rutelli: «Io dico di non fare un corteo centrato sulla contrapposizione al governo, ma sulle nostre proposte aggressive per uscire dalla crisi. Potrebbe trasformarsi in un’occasione anche per voltare pagina rispetto alle difficoltà dell’opposizione».
Facciamola, chissenefrega. Massimo D’Alema:«Perché lo chiedete a me? Sono solo il presidente della fondazione Italianieuropei».

L’acqua, il nuovo lusso

acquainitaliaFLAVIA PICCINNI

Se vi dicessero che potete avere l’acqua in casa solo per 15 giorni al mese a 445 euro l’anno, cosa rispondereste? Sembra una domanda assurda e irreale, ma per gli abitanti di Agrigento è la quotidianitá. Una realtá fatta di rubinetti a secco e della più alta «tariffa idrica domestica» d’Italia (la media del nostro paese è di 229 euro). Non sorprende quindi che gli abitanti della cittadina siciliana si organizzino in veri e propri turni per fare la guardia alle condotte. I furti sono infatti all’ordine del giorno e sembra che l’acqua sia diventata più preziosa dell’oro.
Analizzando le bollette emerge che ad Agrigento gli aumenti più cospicui si sono verificati tra il 2006 e il 2007, con un incremento del 38%. Solo a Novara (+50%) e a Verbania (+45%) sono riusciti a fare peggio, anche se la spesa per famiglia complessiva resta sempre allineata con la media nazionale e l’acqua arriva per tutto l’anno. E se pensate di essere salvi dal caro acqua vi sbagliate di grosso: sull’intero territorio nazionale il costo dell’acqua è aumentato del 4,6% rispetto al 2006 e del 32% da gennaio 2002 ad agosto 2008. Di questo passo il lusso non saranno più borse di Prada e scarpe di Gucci, ma l’acqua, che tutti, fino a ora, abbiamo dato per scontato.

L’Italia del sultano

sultanatoUna lettrice di Repubblica mi ha scritto contestando la distrazione, la stanchezza quando non proprio l’accondiscendenza dei giornalisti italiani nei confronti del governo. Mugugni invece di critiche serrate. Zero inchieste, zero articoli che raccontino quel che si fa e non si dovrebbe fare.
Lo stato di narcosi generale è difficilmente contestabile. L’Italia appare sempre più nelle vesti di un sultanato. Lui, il Sultano, ricco e onnipotente, può permettersi ogni cosa. Disdire un intervento all’Onu per un ciclo di massaggi rilassanti. Ed è il meno. Raggiungere il famoso centro estetico con l’elicottero della Protezione civile. Ed è ancora il meno. La soglia del ridicolo è solo superata quando il Sultano ingiunge incredibilmente ai suoi ministri di evitare di rispondere ai giornalisti. Persino i mugugni appaiono al Sultano insopportabili. Non è da ridere?

La Bibbia giorno e notte

MANUELA CAVALIERI

«Il ventiquattresimo giorno dello stesso mese, i figli d’Israele si radunarono per un digiuno, vestiti di sacco e coperti di terra (…) fecero la confessione dei peccati e si prostrarono davanti all’Eterno, il loro Dio».
Libro del profeta Neemia, cap.9
«E Gesù, rispondendo, disse loro: Guardate che nessuno vi seduca! Poiché molti verranno nel mio nome, dicendo: “Io sono il Cristo” e ne sedurranno molti»
Evangelo secondo Matteo, cap.24

È iniziata la lettura integrale della Bibbia. Una maratona di 139 ore dal 5 all’11 ottobre nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme: la più lunga diretta mai contemplata dalla Rai. Oltre 180 mila le richieste di partecipazione. L’hanno spuntata solo in 2000. Tra i lettori, inutile dirlo, particolarmente corposo è il settore vip: Benigni, Andreotti, Scalfaro, Cossiga, Ciampi, Gianni Letta, De Bortoli, Koll, Cucinotta, Sgarbi, Lerner, Avati, Frizzi, Cappon, Bonaccorti, Navarro-Valls, Vespa, Curzi, Carlucci, ecc., ecc. Al numero 430 c’è Mara Carfagna, al 930 Mariastella Gelmini. Due ministre, due passi. La titolare delle Pari Opportunità leggerà un brano del Vecchio Testamento tratto dal libro di Neemia; al ministro dell’Istruzione, invece, è toccato il Nuovo Patto, con l’Evangelo di Matteo. Contrizione e pentimento, nel primo caso; escatologia nel secondo, con un’ampia disquisizione sui sedicenti unti, segno inequivocabile degli ultimi tempi…

“Quistioni” di razza

(…) la teoria della “flemma” britannica, della “furia” francese, della “fedeltà” germanica, della “grandezza” spagnola, dello “spirito di combinazione” italiano e infine del “fascino” slavo, tutte cose che sono utilissime per scrivere romanzi d’appendice o film popolari (…) Io stesso non ho nessuna razza, mio padre è di origine albanese recente (la famiglia scappò dall’Epiro dopo o durante le guerre del 1821 e si italianizzò rapidamente); mia nonna era una Gonzalez e discendeva da qualche famiglia italo-spagnola dell’Italia meridionale (come ne rimasero tante dopo la cessazione del dominio spagnolo); mia madre è sarda per il padre e per la madre e la Sardegna fu unita al Piemonte sardo solo nel 1847 dopo essere stata un feudo personale e un patrimonio dei principi piemontesi, che la ebbero in cambio della Sicilia, che era troppo lontana e meno difendibile. Tuttavia la mia cultura è italiana fondamentalmente e questo è il mio mondo: non mi sono mai accorto di essere dilaniato tra due mondi, sebbene ciò sia stato scritto nel “Giornale d’Italia” del marzo 1020, dove in un articolo di due colonne si spiegava la mia attività a politica a Torino, tra l’altro, con l’essere io sardo, non piemontese o siciliano ecc. L’essere io oriundo albanese non fu messo in gioco perché anche Crispi era albanese, educato in un collegio albanese e che parlava l’albanese. D’altronde in Italia queste quistioni non sono mai state poste e nessuno in Liguria si spaventa se un marinaio si porta al paese una moglie negra. Non vanno a toccarla col dito insalivato per vedere se il nero va via né credono che le lenzuola rimarranno tinte di nero.

Lettere dal carcere, 12 ottobre 1931

Quarant’anni dopo

gin067SERENELLA MATTERA

L’allarme del papa: sul divieto di contraccezione molti fedeli ”trovano difficolta”’ a comprendere gli insegnamenti della Chiesa. L’allarme dei ginecologi: nell’uso dei contraccettivi, l’Italia è agli ultimi posti nel mondo occidentale.
A quarant’anni dall’enciclica “Humanae vitae” di Paolo VI, Benedetto XVI interviene a ricordare la necessità di praticare, al’interno del matrimonio, un amore che sia “sempre aperto alla vita”. Per “diradare” le nascite, si ricorra ai soli “metodi naturali”, ”i metodi di osservazione, che permettono alla coppia di determinare i periodi di fertilita”’. E cioè? L’astensione, nei giorni fecondi del ciclo femminile.
A quarant’anni dalla rivoluzione sessuale, dal radicamento di una nuova consapevolezza e dall’abbattimento di molti tabù, il 53% degli italiani non vuole usare metodi contraccettivi, il 38% non li usa perché non li conosce, il 9% li usa male. La Sigo (Società italiana di ginecologia e ostetricia), fa inoltre sapere: il 20% della ragazze tra i 18 e i 25 anni si affida alla sorte o al coito interrotto per evitare le gravidanze. Solo il 20% delle donne prende la pillola. Il preservativo è poco usato.
Una risposta dal Nord Europa. Il Nobel 2008 per la medicina va ai francesi Luc Montagnier e Françoise Barrè-Sinoussi e al tedesco Harold zur Hausen. Va agli studiosi che hanno individuato i virus responsabili di due epidemie: l’Hiv, che causa l’Aids, e il Papilloma Virus, che causa uno dei più diffusi tumori delle donne, il cancro della cervice uterina. Entrambe malattie a trasmissione sessuale.
Chi vuole intendere, intenda. Bisogna ancora dirlo?

Le parole magiche del Governo

soldichirurgoSABRINA PINDO

Qualche anno fa, quando il potere aveva tutt’un altro colore politico, gli italiani spendevano decisamente troppo per far girare la macchina dello Stato. Il pachiderma pubblico costava ai cittadini una marea di danari e sacrifici: una pesante imposizione fiscale avrebbe senz’altro portato al Paese benefici sul lungo periodo, dicevano Padoa Schioppa e i suoi. Ma quello sforzo economico, visto sotto la lente d’ingrandimento del breve termine diventava ogni giorno di più una richiesta insostenibile. Tanto impensabile da aver tagliato le gambe al governo alla fine del primo anno di conduzione delle danze.
Un errore che la coalizione attualmente al potere non ha voluto commettere: gli italiani devono smettere di pagare tutte queste tasse, eccheddiamine! Ma siccome la matematica non è un’opinione il problema dei finanziamenti al ciccione statale è tornato. E allora la parola magica invece che “pressione fiscale” è diventata “tagli”. La strategia del risparmio è stata applicata a tutto: ministeri e ministri, portaborse e segretarie, auto blu e cancelleria. Con la semplice ricetta della formichina si possono risanare tutte le aziende, anche le più grandi e pericolanti, anche quel malandato colosso aziendale che si chiama Italia.
Per il grande imprenditore Berlusconi, che del successo aziendale ha fatto lo slogan per la sua entrata in politica, niente di più semplice. Taglio di qua, accorpo di là. Cos’è lo Stato se non una mega azienda? Bisogna solo far tornare i conti. Punto. Niente sconti, niente recuperi, niente proroghe. E a chi gli ricorda che un Paese ha necessità e caratteristiche che non necessariamente collimano con quelle di un’impresa il cavaliere non sembra dare ascolto. Schiera la sua compagine di governo e punta dritto al risparmio: prima di tutto scuola e sanità. Il ritorno del grembiule e del voto in condotta passino, il maestro unico e la riduzione dell’orario lasciano un po’ di stucco, i migliaia di precari dell’educazione che saranno riciclati non si sa bene come nel settore del turismo esauriscono le nostre parole.
E che dire della sanità? Qualche avvisaglia dei piani futuri del governo l’abbiamo già avuta. Tra pochi giorni arriverà l’affondo finale anche in questo settore e allora sì che ne vedremo e sentiremo delle belle. Il sospetto, che vorremmo restasse solo tale ma già dubitiamo sarà così, è che il gran disegno del capo questa volta abbia inizio con la parola magica “privatizzazione”. Allora sì che lo Stato assumerà il volto di una grande azienda che si confronta con il duro mercato. Al contribuente che richiede un servizio per la salute dirà: se hai soldi per pagare io ti do ciò che desideri, altrimenti…