FLAVIA PICCINNI
Scioperare. Sembra questa l’unica soluzione per gli incidenti sul lavoro. Adesso tocca all’Ilva di Taranto, dopo l’ennesimo incidente mortale. L’ultimo di una lunghissima serie di morti è Antonio Alagni, quarantacinquenne napoletano (di Casoria, ndr) dipendente della P&P, un’azienda appaltatrice operante nell’acciaieria 1 dell’Ilva di Taranto, colpito dal bozzello (gancio) staccatosi da una autogrù semovente di proprietà dell’azienda appaltatrice. Come sempre più spesso capita, le dinamiche e le cause specifiche dell’incidente dovranno essere completamente appurate. La ricostruzione però me lo fa immaginare mentre guida un automezzo sul piazzale dell’Acciaieria 1, impegnato con un collega nella movimentazione di due grosse lastre d’acciaio della lunghezza di 15 metri, imbragate su una gru. E poi, improvvisamente, un braccio meccanico che cede e un gancio che gli fracassa il cranio. Mi immagino anche i compagni di lavoro che corrono, lo circondano, cercano di aiutarlo. Ma è troppo tardi: Alagni è morto sul colpo. Vittima bianca, come altri 5700 individui che, in Europa, ogni anno non rientrano a casa dal lavoro.
Quello che colpisce, adesso come nei passati incidenti nell’azienda tarantina balzata alle cronache nazionali per la produzione del 90,3% della diossina prodotta in tutto il Bel Paese, è la frequenza con cui in siderurgia, come in tanti altri settori, si ripetono incidenti mortali in specifico nelle aziende appaltatrici. Risale all’aprile scorso un altro incidente mortale in un’azienda di appalto sempre all’Ilva di Taranto, come ci tengono a precisare i sindacati. E mentre un’altra famiglia perde il proprio uomo e si impongono con sempre più necessità le questioni della sicurezza, il bisogno di cambiare diventa una parola d’ordine; una parola passepourtour. Intanto Terni piange un altro uomo, un ventottenne che dal cantiere non è uscito vivo.
Berlino, ieri o ieri l’altro.
Prologo
Notizie italiane disgraziatamente lette sui giornali della stampa estera e commentate con stranieri e italiani all’estero, tra l’esterrefatto e il divertito.
In Italia l’altro ieri un oleificio ha chiesto i danni alle famiglie degli operai morti nell’oleificio.
Dopo la serie interminabile di morti sul lavoro, questa notizia suona grottesca (è la prima parola che mi è venuta).
Ma Prodi prima e Berlusconi dopo, poi di nuovo Prodi e poi di nuovo Berlusconi….
non hanno fatto niente!
I commissari del lavoro non sono aumentati, e ad ogni nuovo morto dicono che la legge che c’è già è buona! “Dovrebbe solo essere rispettata”.
“Io non riesco a capire perchè” dice Mara, italiana 36 anni a Berlino da 15.
Il ragazzo di Mara, un tedesco con in tasca la tessera dell’ SPD, commenta:
“Ho l’impressione che in Italia si discuta solo della fedina penale del Presidente della Banda Bassotti.”
io replico:
“Ma cosa abbiamo fatto di male gli italiani (penso anche al fatto di esserci trovati in panchina Donadoni) per essere amministrati così male, parlo sia da parte della destra sia dalla sinistra, tanto, ormai nei “panini” del TG1 non si distinguono più.
In Italia se Cuffaro viene condannato per favoreggiamento alla mafia “senza favoreggiare” non è buono per fare il Presidente ma è buono per fare il Senatore”.
“amazing” sussurra la bellissima ragazza danese.
Serge: (i francesi sono sempre quelli che ci bastonano più forte)
“Anche i bambini si incazzano se quando giocano, uno di loro cambia le regole per favorire se stesso!
Voi invece avete il Presidente del Consiglio che si cambia le regole e se le rifà come gli pare e piace”. “Putain”!
Epilogo
Una volta quando eri all’estero e sentivano che eri Italiano, e, per giunta Siciliano come me, ti dicevano sempre “mafia” “spaghetti” e “mandolino”.
Ora invece ti dicono “mafia”, “monnezza” e Berlusconi”.