CARLO TECCE
Nel campionato della raccolta differenziata le cose vanno male: 95esimo posto nel 2005 e una percentuale del 2,7, ultimi su 103 città nel 2007 con l’1,5%. La qualità della vita migliora: penultimi nel 2004, tra i primi 80 negli anni successivi. Il tasso di disoccupazione sfiora l’11%, ma il miracoloso Ponte donerà ricchezza e posti di lavoro. Una sfilza di ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, l’invalidamento delle elezioni del novembre 2005 per una faida tra i socialisti (per questo si saranno estinti?), otto mesi di commissario prefettizio, un’emergenza (l’ennesima) dei rifiuti pronta a implodere: eppure il nuovo sindaco di Messina, una città da zona retrocessione, sarà scelto tra chi avrà gestito meglio la crisi del Messina calcio. Si vota domenica e lunedì prossimi, per la terza volta in cinque anni. La stabilità non interessa, interessano i soldi per salvare il Messina (serie B) dal fallimento. La famiglia Franza ha mollato la società in un’ora di conferenza stampa: «Il titolo sportivo è a disposizione delle istituzioni». Quali? E i soldi? Soprattutto, i debiti.
Per una settimana s’è discusso di aria fritta, poi i Franza hanno comunicato: «Si ribadisce che l’indebitamente netto e reale (27,5 milioni) del F.C. Messina è in linea con il settore, e si rammenta che gli investimenti necessari per portare una squadra di calcio in serie B superano i 20 milioni di euro. Anche l’aumento di capitale di 7,5 milioni di euro ipotizzato per garantire quanto meno la serietà dei nuovi interessati, non rappresenta altro che il normale esborso per consentire l’effettuazione di una stagione di medio/buon livello». Già, i circa 30 milioni di euro sono un «esborso normale». Poi per una città come Messina sono quisquilie. Il candidato del Pdl Giuseppe Buzzanca, eletto sindaco nel 2003 e caduto in un giro di valzer per aver utilizzato l’auto blu in viaggio di nozze nel ‘95, s’è fatto garante: cordata, banche, investimenti. In perfetto stile berlusconiano.
Il Messina va salvato. «Per il futuro del F.C. Messina, fermo restando la categorica condizione del mantenimento della squadra in serie B, colgo l’occasione di informare tutti i tifosi giallorossi, che nel pomeriggio di ieri ho preso contatti con un gruppo bancario del Nord Italia che in queste ore sta visionando i bilanci societari della società. In ogni caso sto garantendo al gruppo interessato e quanti altri interessati all’acquisto, un potenziale contributo tramite il Project Financing, oltre se necessario, un coinvolgimento diretto del Comune di Messina nello sviluppo dell’importante progetto». Non s’è fatta attendere la controffensiva mediatica del sindaco uscente, nonché candidato del Pd, Francantonio Genovese: «Non parlerei di ottimismo, ma andrei oltre: salvare il calcio messinese è un obbligo, un dovere». Poche parole, però decise. L’associazione “La mia città” ha già pensato all’azionariato popolare, bastano 50 euro a testa. C’è un’altra questione legata al debito, ovviamente un’inezia rispetto al calcio. I dipendenti di Messinambiente sono senza stipendi da mesi, a fine maggio uno sciopero ha provocato incendi, allarmi diossina e l’incubo di rivivere una Napoli sullo Stretto. Il 15 giugno sono stati fissati dei pagamenti: se saltano, si sciopera ancora. Messinambiente aspetta 3 milioni di euro dal Comune, inviati e mai arrivati a destinazione. Ma che importa. Ci sarà qualcuno pronto a protestare oppure a organizzare una raccolta fondi? Forza Messina, la serie A sarà vostra.