FRANCESCA SAVINO
«Attraverso il deserto
andiamo già da lungo tempo»
Ernst Bloch
Hanno spostato un fiume. Come in una favola, in cui gli oggetti prendono la forma del tempo. C’è una terra che si chiama la “Verità”. Fra le case e i campi da coltivare, una discarica e le strade sterrate, nella Verità passa un torrente, il Cervaro. Cento chilometri da monte Gossateglia fino al golfo di Manfredonia. La traccia del corso d’acqua è scritta nel tempo, registrata da Plinio il Vecchio in “Naturalis historia”, e chiusa oggi in un’area protetta, soggetta a vincolo paesaggistico e idrogeologico. Poi ci sono loro. Dodici signori. Uno ha una ditta che si chiama Agecos, e smaltisce i rifiuti. Uno fa il chimico, uno l’agricoltore, uno il costruttore. Altri tre hanno un impianto di frantumazione. Gli altri viaggiano nelle loro aziende di trasporti. Lavorano tutti con la terra e sulla terra, qui nella Verità. C’è chi consuma, chi produce e anche chi crepa, ci sono i rifiuti da smaltire e una discarica che sta diventando troppo piccola per contenerli.
Scarti urbani, che dovrebbero provenire tutti dal vicino comune di Deliceto. Allora si fa una gara, e i nostri signori si mettono al lavoro. E la discarica si allarga, sì, ma non come dovrebbe. Gli scavi per realizzare il nuovo sito creano e portano a galla nuovi scarti, che andrebbero smaltiti in altri lidi: percolato di discarica, ma anche amianto e rifiuti urbani e speciali vengono invece ammonticchiati insieme, in un’area grande quanto il Circo massimo. Cinquecentomila metri cubi, un danno da milioni di euro per la discarica abusiva, forse, più grande d’Europa. Una strada di un chilometro viene costruita sui rifiuti, lascia passare i camion che li portano attraverso un piccolo ponte sul fiume Cervaro, deviato con i tubi e sommerso, in un’ansa, da decine di montagnole. Alte abbastanza da coprire gli alberi sulle rive dalle radici alla cima, studiate abbastanza bene da lasciare nello strato superficiale il materiale meno inquinante.Continue reading