Il cavillo giuridico può salvarti la vita o anche uccidertela. Dipende chi sei, da dove vieni, a chi ti accompagni, chi ti difende in tribunale. Legioni di boss mafiosi escono dal carcere o neanche entrano grazie alla forma che si fa sostanza, al rito che si converte in legge. E con loro l’Italia impunita conta eserciti di faccendieri, piccoli e grandi evasori, corrotti o estorsori. Ma quel cavillo putrido, nero come la pece, a volte si trasforma in bianco giglio di illibatezza e condanna l’ingenuità e l’innocenza del malcapitato, lo trascina alla gogna.
ha 43 anni ed è – anzi era – professore di Filosofia in un liceo di Bergamo. La sua storia l’ha raccontata Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera. Ed è talmente incredibile da apparire una barzelletta. Undici anni fa, Stefano con un amico prende parte a una festa in piazza ad Averara, un paesino della provincia. Alla fine della festa, dopo l’una di notte, rientrando a casa, sia Stefano che l’amico avvertono il bisogno di liberarsi dalla birra bevuta e non trovando un locale pubblico aperto accostano l’auto al guardrail e, nascosti da un cespuglio, fanno la pipì. Una gazzella dei carabinieri, di rientro dalla festa, arresta la marcia e procede all’identificazione. Cosa fate, chi siete, eccetera.
Continui lei professore. Continue reading